Il sindaco la chiama prudenza, i cittadini allarmismo. Il dibattito sulle previsioni meteo è meno banale di quello che sembra, ha un risvolto politico e uno sociologico. Tutto nasce dalla chiusura delle scuole e dall'evacuazione di molte abitazioni la scorsa settimana, a Bologna, dopo la diramazione di un'allerta rossa. Ebbene, alla prova dei fatti quel giorno a Bologna ha piovuto poco, di qui le proteste. Il sindaco ha replicato che non poteva fare altrimenti. In effetti, se i fiumi fossero esondati davvero e lui non avesse preso alcuna contromisura, lo avrebbero messo in croce. Detto questo, neppure i cittadini hanno torto. Dopo anni di incredibile inerzia sul fronte della tutela del territorio, solo con le alluvioni del 2023 qualcuno si è accorto che fiumi e torrenti dell'Emilia-Romagna sono abbandonati, che gli argini non reggono, che le casse di espansione e le dighe non ci sono, che i ponti sono troppo bassi. E poi, diciamola tutta: dalla catastrofe di maggio 2023, è passato un anno e mezzo di quasi totale inerzia (fino alle alluvioni di settembre 2024) prima che qualcosa si muovesse. In compenso nello stesso periodo sono fioccate le allerte gialle, arancioni e rosse.
E' un modo di agire classico delle strutture burocratiche: fare poco ma mettersi sempre dalla parte dei bottoni. I tecnici lanciano l'allerta e gli amministratori chiudono le scuole ed evacuano le case, così gli uni e gli altri avranno le spalle coperte. Accadde anche ai tempi del Covid. Alle prime ondate si rispose con inevitabili lockdown. Ma i lockdown, invocati in tv dai virologi, continuarono a lungo anche dopo.
La politica avrebbe dovuto prendere contromisure strutturali, con annessi rischi e responsabilità, invece scelse la via più comoda: la tecnica del rubinetto. Aprire e chiudere sulla base dei contagi. A farne le spese fu un'intera generazione di giovani, che ancora oggi ne paga le conseguenze. Questo ci porta a una considerazione di carattere più generale sul rapporto che le società moderne hanno con il rischio e con l'imponderabile. Viviamo nell'illusione che tutto sia prevedibile e gestibile, traducibile in un diagramma (contagi/abitanti, come per il Covid) o in una carta sinottica (come per la pioggia). Poi capita che la pioggia che doveva cadere a Bologna cade invece in Romagna e gli stessi tecnici che l'avevano prevista ci spiegano che un margine di errore di cinquanta chilometri è un ottimo risultato. E quindi? Lockdown a ripetizione ogni volta che rannuvola? Smartworking generalizzato? Perfino la sciagurata didattica a distanza? C'è una domanda che riassume e supera quelle appena elencate: quale percentuale di rischio siamo disposti ad accettare per condurre una vita normale? La risposta spetta alla politica e a ognuno di noi.