C’è tutto nella vita: anche la crudeltà, sì. In questi giorni, in queste ore, ci hanno colpito due storie, completamente diverse fra loro, ma che vedono in qualche modo protagonisti due padri.
Uno, Nicola Turetta, è finito da mesi e in particolare nelle ultime quarantotto ore sulle prime pagine di tutti i giornali. E’ il papà del 'mostro', Filippo, ragazzo che nel novembre del 2023 massacrò e uccise la sua fidanzata. Fu un feroce e folle femminicidio che ha scosso l'Italia e la coscienza di tutti.
Ora Filippo dovrà trascorrere, giustamente, tanti anni della sua vita dietro le sbarre e pensate l’angoscia continua dei due genitori che si domanderanno da mesi in modo ossessivo: ‘Perché? Dove abbiamo sbagliato? Cosa potevamo fare? Dovevamo accorgerci che nostro figlio era fuori di testa?’. Domande inevitabilmente senza risposta.
Un uomo disperato, Nicola Turetta appunto, è andato in carcere per la prima volta a trovare il 'mostro' che resta suo figlio e che, se vogliamo vivere in un Paese davvero civile, ognuno di noi dovrebbe sperare che possa cambiare, rinascere, riabilitarsi. Altrimenti, sarebbe meglio gettare le chiavi.
Solo ai familiari di Giulia non chiediamo lo sforzo del perdono (per-dono: è un dono): per loro è presto e forse sarà sempre, inevitabilmente, troppo presto. In carcere Nicola ha trovato il mostro (suo figlio) e magari non sapeva che fare, che dirgli: ha pronunciato anche parole sbagliate, certo (e ha chiesto scusa, fra l'altro) ma perché quelle parole sbagliate sono finite in pasto all'opinione pubblica?
Chi è stato? Che senso ha? Non è un giallo questa storia, è tutto finito: il colpevole c'è, sarà severamente condannato se i giudici non impazziscono ed è volgare e forse pure criminale registrare la conversazione fra un genitore e un figlio. Qualcuno l’ha definita pornografia giudiziaria.
Storia completamente diversa nel Bolognese. Ancora più tragica. Un padre, Gabriele Fantuzzi, lavorava come un matto per regalare alla sua famiglia una casa nuova, tranquilla, in campagna. Col suo trattore ha invece involontariamente investito e ucciso suo figlio, Eduardo. Aveva appena 12 anni questo ragazzino.
Perché, perché?
Si resta senza parole di fronte a vicende simili, che purtroppo accadono più spesso di quanto si possa pensare.
Che dire, che fare? Forse in certi momenti non resta che il silenzio. Fermi tutti, non c'è nulla da fare. Anzi, una cosa sì: abbracciare (e basta) questi due padri disperati.