A volte ritornano, prima o poi. Anche dopo cinquant’anni o più. Ecco, nell’anno domini 2025 due Regioni (Emilia-Romagna e Toscana) e un numero ancora imprecisato di Comuni (Palazzuolo sul Senio in Toscana e Castel del Rio in Emilia-Romagna, per intanto) nella vallata del Santerno si trovano fare i conti con una discarica ‘fantasma’ di pattume sepolta e dimenticata da decenni nel ventre dell’Appennino, finché la natura non s’è presa la sua vendetta e una frana s’è incaricata di ricordare a tutti quel conto in sospeso da saldare. Perché prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. Nel 1971 l’allora municipalizzata di Firenze scaricò e seppellì tonnellate e tonnellate di rifiuti urbani nella piccola valle del rio Rovigo, affluente del Santerno, a Palazzuolo sul Senio, sull’Appennino a cavallo tra le due regioni.
I più se n’erano dimenticati, altrettanti oggi giurano che non lo sapevano neppure (compresi Regioni e Comuni), quasi tutti insomma. Tranne chi in quei luoghi vive. Firenze pagò l’accordo con Palazzuolo quattro milioni e mezzo di lire, un autocompattatore, più un canone annuo per la durata della discarica. Ma durò poco, pochissimo. I residenti occuparono i municipi di Palazzuolo e Firenzuola, ma intanto decine di camion avevano già scaricato direttamente dal ciglio della strada tonnellate di rifiuti (300 al giorno) nella scarpata, che poi fu coperta con la terra.
Ma a volte ritornano, appunto, e oggi quella montagna di spazzatura scivolata fin dentro l’alveo del rio Rovigo rischia di finire giù, al Santerno, e da questi al Reno, la Romagna e il mare. L’ex sindaco Pci di Imola, Veraldo Vespignani, portò il caso in Parlamento, sostenendo che nella zona ci fossero addirittura quattro discariche. E pensare che quella di Palazzuolo non figurava nemmeno negli elenchi ufficiali della Toscana. Per l’Arpat, quei resti di plastica, metalli, vestiti e rifiuti “organici biodegradati e mineralizzati” non sarebbero “in grado di produrre contaminazioni significative”, ma diciotto associazioni – capitanate da Cai di Imola, Misericordia e Pro Loco – chiedono un “intervento urgente”. Oggi anche l’Arpae effettuerà un sopralluogo a Castel del Rio, nel Bolognese, con il prelievo di campioni d’acqua, e la settimana prossima ne farà un altro con un drone per ispezionare la zona dall’alto. L’obiettivo – fa sapere la Regione – è di monitorare la situazione del torrente. Bisogna correre, ora. Per rimediare a cinquant’anni d’oblio.