SERGIO GIOLI
Editoriale
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Arroganza antagonista

La scorsa settimana un manipolo di antagonisti, anarchici e attivisti di varia natura ha contestato il sindaco di Bologna Matteo Lepore e l'Associazione nazionale partigiani che lo ospitava. Le accuse: fascista il sindaco e fascisti i partigiani. Gli autori della contestazione sono i soliti gruppettari che da mesi stanno portando avanti un'azione talvolta violenta contro il cantiere del tram e quello delle nuove scuole Besta. Gli stessi che hanno minacciato Lepore e i suoi assessori, sottoposti per questo a protezione. L'episodio induce due riflessioni. La prima riguarda l'accusa di fascismo formulata da questi campioni di democrazia. Se per fascismo si intende sopraffazione, intolleranza, arroganza, violenza verbale e fisica, in effetti a quella manifestazione di fascisti ce n'era più di uno, e tutti dalla parte degli antagonisti. La seconda riflessione è sull'uso che si fa del termine fascista per apostrofare l'avversario politico. E' un modo per troncare ogni discussione, una sorta di scomunica politica: sei fascista (anche se è clamorosamente falso, come nel caso di Lepore), quindi hai torto e io non ti considero un interlocutore. Questo atteggiamento, di cui a Bologna la sinistra diventa paradossalmente vittima, nasce proprio a sinistra nel Dopoguerra. Ha scritto Ernesto Galli della Loggia: ''Se è vero che il fascismo è un problema per la destra italiana, allo stesso modo l'antifascismo lo è per la sinistra''. In pratica, spiega Galli della Loggia, l'antifascismo è stato utilizzato dalla sinistra contro gli avversari (il riferimento non è all'Msi e ai suoi eredi ma agli avversari moderati, dalla Democrazia cristiana a Matteo Renzi) come ''una risorsa politica di esclusiva proprietà''. Nel nostro caso siamo al doppio salto mortale: i sinistri duri e puri 'No Besta' e 'No Tram' tacciano di fascismo il Pd. Diceva Pietro Nenni: ''Un puro trova sempre uno più puro che lo epura''.