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Economia

Gas mare Adriatico, c’è un tesoro. "Cinquanta piattaforme da riattivare"

Tabarelli (Nomisma): "Fra Emilia Romagna e Marche sarebbe possibile estrarre 3 miliardi di metri cubi all’anno"

76,1 miliardi di metri cubi di gas consumati in Italia nel 2021

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Bologna, 7 aprile 2022 - C'è voluta una guerra alle porte dell’Europa che sappiamo come è cominciata e non come e quando finirà, perchè l’Italia capisse che se non è possibile l’autarchia energetica non è nemmeno più pensabile essere ostaggio di altri Paesi come la Russia del Grande Bugiardo Vladimir Putin. Ci siamo adagiati per anni, felici e contenti, nell’acquisto del gas altrui, Paesi africani compresi, salvo poi svegliarci da un sonno di ignavia e scoprire che è stata una scelta perdente. Le derive ambientaliste ci hanno portato fin qui come naufraghi dell’energia.

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Siamo in un mare di guai per il gas che ora costa cifre stratosferiche e abbiamo un mare di giacimenti davanti a casa, l’Adriatico, che sfruttiamo poco e male. In aggiunta l’Italia piange e la Croazia, nostro dirimpettaio, invece ride perchè aumenta le estrazioni di metano che noi in buona parte lasciamo la sotto. E’ come avere un bicchiere con due cannucce: uno la usa e l’altro no.

Secondo il guru Davide Tabarelli, docente universitario e leader di Nomisma energia, il Mar Adriatico è uno scrigno pieno di ricchezza che potrebbe attenuare i problemi legati all’approvvigionamento aumentando la produzione interna e diminuendo gli acquisti al supermercato mondiale dell’energia che alla cassa ci chiede un conto disastroso.

L’Italia per ora non autorizza nuove trivellazioni (errore) ma può riattivare piattaforme attualmente ferme e capaci, con opportuni lavori di ripristino, di estrarre ancora gas. In gergo tecnico si dice coltivare. "Nell’Adriatico, dai Lidi ferraresi alle Marche, si potrebbe applicare questo processo a circa 50 piattaforme che rimesse in moto potrebbero fornire circa 3 miliardi l’anno di metri cubi di gas", spiega il professor Tabarelli. I numeri saranno anche freddi ma forniscono un panorama chiaro. Nel 1994 il nostro Paese produceva in proprio 21 miliardi di metri cubi di metano all’anno poi a forza di cedere a pressioni ambientaliste estreme si è scesi alla cifra attuale. Oggi su un consumo di 76 miliardi di metri cubi annui, 29 sono acquistati dalla Russia.

"E pensare - spiega ancora il professore - che nel Nord Adriatico, verso Chioggia, si stima la presenza di un giacimento di circa 50 miliardi di metri cubi di gas. I divieti regionali e la paura, secondo me immotivata, di subsidenza, hanno sempre frenato le trivellazioni’.E’ possibile per legge riattivare le 50 piattaforme? Anche qui si tratta di interpretare il Pitesai, piano per la transizione energetica sostenibile. Il piano fissa tre punti: stabilisce i criteri dove cercare nuovi giacimenti, dice che i giacimenti in attività possono continuare a lavorare e afferma che si investe solo sul gas. Stop al petrolio. E allora?

Il leader di Nomisma spiega che le piattaforme eventualmente da riattivare non devono essere spostate ma necessitano di un work over, cioè di lavori di coltivazione come dicono gli scienziati: scavare più in profondità, allargare l’area di trivellazione, mandare acqua sotto il mare per crerare ulteriore pressione spingere il gas verso l’alto e altro. "Se non semini l’orto non produce", è l’esempio del professore. I siti - orti sono sparsi fra Porto Garibaldi, Ravenna, Rimini, poi giù verso Pesaro e Pescara.

L’ostacolo della politica dei no - estrazioni in questo scenario è destinata a pesare. E se la Regione Emilia Romagna, insieme al mondo dell’industria, non pone veti alla riattivazione di nuove piattaforme, Movimento Cinquestelle e Verdi invece affilano le armi appena si riaffaccia questa ipotesi e saltano sulle barricate: "Non è la soluzione giusta, mettererebbe a rischio flora e fauna marina e provocherebbe subsidenza". Gli scienziati quando sentono questo ritornello allargano le braccia sconsolati. ‘ Non ci sono pericoli nè per l’uno, nè per l’altro aspetto".

Nella corsa a recuperare il tempo perduto c’è anche il possibile impiego di nuovi rigassificatori come ha annunciato il ministro Cingolani. Ravenna, la signora del porto, si candida ad ospitarne uno o con una nave gasiera o con il ripristino di un terminale marino già pronto per ricevere metano liquefatto e immetterlo nella rete. E’ la nuova corsa all’oro.