STEFANO MARCHETTI
Cultura e spettacoli

Quando si faceva il vino nell’antica Spina

Le ultime scoperte della campagna di scavi nel sito della città etrusca, vicino a Comacchio. Oggi e domani le visite guidate

Quando si faceva il vino nell’antica Spina

Le ultime scoperte della campagna di scavi nel sito della città etrusca, vicino a Comacchio. Oggi e domani le visite guidate

A Spina, 1700 anni fa, si coltivava la vite. E le anfore ritrovate negli anni dagli archeologi forse non servivano soltanto per il vino ‘importato’ da altre terre ma potevano contenere un pregiato nettare di produzione locale. Ce lo ‘raccontano’ i tanti vinaccioli che stanno emergendo, anche in questi giorni, durante la nuova campagna di scavo nel sito dell’antica città etrusca, presso Comacchio, non lontano dalla foce del Po: "Sì, abbiamo tanti indizi su una possibile coltura della vite nell’area di Spina. Dobbiamo capire quali fossero i luoghi e i processi di questa produzione", spiega il professor Andrea Gaucci, etruscologo dell’Università di Bologna che dirige sul campo le operazioni archeologiche. "E il dna ricavato dai vinaccioli forse potrà rivelarci anche il vitigno", sottolinea Marco Bruni, archeologo.

Da quando le grandi bonifiche iniziarono a riportarla alla luce dal 1922, dunque poco più di cento anni fa, Spina non ha mai smesso di incantare e affascinare: affiorando via via dalla notte dei tempi, la grande città etrusca, scomparsa nei secoli, ha regalato scoperte sorprendenti. La nuova campagna di scavi si svolge nella parte occidentale dell’abitato antico, a nord del Canale Collettore Mezzano, fra Comacchio e Ostellato: il team di ricerca è diretto dalla professoressa Elisabetta Govi dell’ateneo bolognese, con la supervisione della dottoressa Carolina Ascari Raccagni della Soprintendenza.

Spina venne fondata dagli etruschi lungo l’Eridano (l’antenato del fiume Po) verso la metà del VI secolo a.C. Allora il mare era vicino e quindi la città divenne un fiorentissimo porto per i commerci con Atene, una città ricca come dimostrano i meravigliosi reperti esposti al Museo Delta antico di Comacchio: diademi d’oro, ambra, vasetti per gli olii, anfore e grandi vasi istoriati per vino e acqua, le kylix, ovvero le coppe per sorseggiare le bevande... Via via però il fiume depositò terra e quindi Spina si allontanò dalla linea di costa. Verso il III secolo a. C., ormai arretrata nell’entroterra, quasi certamente Spina non era più fiorente come in precedenza, anzi era esposta agli attacchi. E proprio a questo periodo risale il grande terrapieno su cui si svolgono gli scavi di questo periodo: "Un’opera gigantesca: soltanto la testa del poderoso manufatto aveva una larghezza di 17 metri", sottolinea il professor Gaucci. Questa sorta di ‘muraglia’, sostenuta da pali e travi in legno, doveva certamente fungere da protezione per la città. Ma da cosa? O da chi? "Poteva essere una difesa militare da attacchi di genti esterne, o forse anche una barriera naturale rispetto all’ambiente, come i fenomeni di subsidenza", aggiunge Gaucci. Il corpo del terrapieno riemerso ha un’altezza di circa due metri e mezzo, ma la sommità fu certamente asportata in un periodo posteriore al III secolo: originariamente era ben più alto. "Un altro saggio di scavo, a breve distanza dal primo, intende invece comprendere il rapporto fra il terrapieno e le abitazioni della città che lambiva", aggiungono gli archeologi.

La misteriosa storia (e scomparsa) di Spina è da tempo all’attenzione degli studiosi internazionali, come il professor Christoph Reusser dell’università di Zurigo. L’ateneo di Bologna, attraverso il programma Alma Scavi, sostiene ricerche approfondite come quelle di questo periodo. E proprio perché tutti possano conoscere e apprezzare il lavoro degli archeologi, lo scavo sarà aperto alle visite per le Giornate europee del patrimonio, oggi (alle 16 e alle 17) e domani 28 (alle 11, 12, 16 e 17): occorre prenotare telefonando al Museo del Delta Antico di Comacchio, 0533 311316, o scrivendo a info@museodeltaantico.com