LORENZO MONACHESI
Cultura e spettacoli

L’altra favola di Edoardo Bennato: "In musica ribalto la retorica"

Il cantautore domani sera a Recanati per Lunaria: "Nell’Italia di oggi c’è ancora la morale di Collodi"

Edoardo Bennato domani sera in concerto, gratuito, a Recanati (Macerata)

Edoardo Bennato domani sera in concerto, gratuito, a Recanati (Macerata)

"Sarà un concerto ad altissimo contenuto rock&blues". Edoardo Bennato parla del live, a ingresso gratuito, di domani (alle 21.30) a Recanati, in piazza Leopardi, quando il cantautore aprirà Lunaria, la rassegna estiva organizzata da Musicultura. Ad affiancarlo sul palco ci sarà la BeBand, la formazione storica che guiderà gli spettatori attraverso i brani più celebri e in una selezione di nuove canzoni tratte dall’ultimo album Non c’è.

Bennato, cosa hanno di speciale le favole, avendo cantato di Peter Pan, di Capitan Uncino, del Gatto e della Volpe?

"Utilizzarle mi ha consentito di trattare argomenti ’seri’ senza cadere nei luoghi comuni, nella retorica spicciola e soprattutto evitando la morale. In Burattino senza fili ribalto quella collodiana che vuole che Pinocchio diventa, dopo peripezie, un bambino buono e ligio alle regole. Io ho sostenuto invece, che proprio quando il burattino impertinente diventa un bambino, perde la sua libertà, nella consapevolezza che “buffoni e burattini la guerra non la faranno mai!“".

Ma l’Italia attuale è ancora collodiana?

"Lo è ancora di più. Mangiafuoco è ancora al suo posto e muove i fili, il gatto e la volpe irretiscono i giovani, il grillo parlante sparla come al solito e la povera fata se la passa male, se dobbiamo tenere conto delle cronache. Però le favole mi hanno permesso di dire in musica che capitan Uncino, il reazionario, il fetentone per antonomasia è anche simpatico, un’autentica canaglia che si arrovella nel suo ruolo di cattivo".

Cosa le ha trasmesso l’esibizione di anni fa a Civitanova?

"Era uscito Non farti cadere le braccia. Mi chiama il direttore artistico dell’epoca e mi dice che il disco non vende, anche perché la radio non trasmetteva le mie canzoni. Quindi mi disse di completare gli studi universitari in architettura e levarmi dai piedi. Mi giocai un’ultima carta e mi piazzai in strada a Roma davanti al bar di fronte al Teatro delle Vittorie, zona Rai. Avevo tutto il mio armamentario di follia cioè, chitarra 12 corde, armonica, kazoo e io tamburello a pedale. Mi guardai bene dal suonare le canzoni del disco invenduto, ma feci canzoni protopunk: Ma che bella città, Salviamo il salvabile e Uno buono. Mi notarono e mi mandarono a un festival di nuove tendenze musicali a Civitanova, dopo che salii sul palco mi resi conto che la mia vita era cambiata perché avevano deciso che potevo essere il rappresentante ideale della insoddisfazione giovanile in Italia e voi compraste i miei dischi".

Ancora oggi osserva quanto cantato ne La torre di Babele in cui gli uomini finiscono per farsi la guerra?

"Di quel disco mi costò più fatica fare la copertina che registrare le canzoni. Intesi immaginare una sorta di scatto fotografico dell’umanità che si fa la guerra. All’apice della torre, su suggerimento di mamma, misi una specie di razzo astronave che si presuppone vada verso un altro mondo, utopico, migliore, dove gli esseri umani capiscano che la guerra è una assoluta follia".

La canzone a cui è più legato?

"Quando sarai grande. Parla di tutti noi che veniamo iscritti, anche se non lo abbiamo chiesto, al meraviglioso gioco della vita, che ci poniamo domande e siamo in attesa di risposte che, probabilmente, non arriveranno mai".