Bologna, 28 gennaio 2025 – Duecentoquindici minuti di film (e quindici di pausa con un conto alla rovescia su un’immagine di famiglia): c’è un miracolo che si ripete da alcuni giorni e lo scriviamo in lettere – duecentoquindici minuti – per amplificare la magnificenza di un film che è già rito collettivo e di un cinema (ma si può definire solamente ‘cinema’?) che è ormai tempio di una funzione metareligiosa. Merita tempo. Merita di essere raccontato.
La Cineteca di Bologna è una delle sole tre sale d’Italia a proiettare The Brutalist di Brady Corbet in pellicola, 70 millimetri in quella che gli affezionati conoscono come VistaVision: fatto rarissimo, giacché girare in pellicola costa molto di più rispetto al digitale e il privilegio è concesso a ‘venerati maestri’ come Quentin Tarantino o Cristopher Nolan. Ecco nella Cineteca, il ‘nostro’ tempio, da alcuni giorni si vedono code per The Brutalist di Corbet, dalla matinée domenicale alle serate dove il film – che racconta la vita (immaginaria) di un architetto Bauhaus scampato all’Olocausto e approdato in America con un viaggio in nave che toglie il respiro fino alla visione immaginifica della Statua della Libertà rovesciata – s’arrampica fin quasi al cuore degli ultimi biassanot (quelli che ‘biassano’ cioè mangiano la notte, i tiratardi bolognesi) sfibrati dal freddo umido di gennaio.
È un miracolo perché nell’era del digitale, del sempre disponibile, dell’on demand, del dispositivo facile, nell’era post Covid e pure nella città del cinema in piazza più bello del mondo e del Modernissimo ‘biglietto d’oro’, non è facile vedere le code – per giorni – per un film-mondo. Abbiamo avuto la fortuna di entrare nella cripta di quel tempio, ovvero la sala del proiezionista, e vedere come la maxi pizza si avvolge sulle spire guidata da mani sapienti. La distribuzione (Universal) ha concesso il privilegio a Bologna di avere il film in anteprima per due settimane prima dell’uscita del film (6 febbraio): un ‘premio’ per chi, come la Cineteca, investe per mantenere le attrezzature le competenze della proiezione analogica e per continuare a proiettare anche con il monumentale 70 millimetri. Un formato largo il doppio rispetto al tradizionale (35 millimetri) che porta al massimo la definizione e la profondità di campo, come spiega il vicedirettore Davide Pietrantoni. Un’esplosione di cinema che abbiamo visto con i nostri occhi: durante una delle proiezioni a un certo punto un bilancino, una sorta di pendolo che instrada la pellicola fra i grandi piatti e la macchina, è andato in blocco e un fotogramma è andato in bianco. Troppo complesso staccare la pellicola dal sistema, tagliare il fotogramma danneggiato e riavvolgere riprendendo la proiezione.
In pochi minuti, e solo per la parte conclusiva del film, la Cineteca ha riacceso The Brutalist in digitale e la differenza, a occhio, è stata notevole. Già alle proiezioni successive, la pellicola con la sua potenza è tornata a emozionare gli spettatori.
Dunque, andare a Bologna e vedere The Brutalist in pellicola 70 mm – che non a caso ha dieci nomination ai premi Oscar dalla regia al montaggio fino all’attore Adrien Brody che molti ricorderanno nel Pianista di Polanski – è un’esperienza dello spirito, prima che per gli occhi, assolutamente da non perdere. È una testimonianza di cosa sia l’artigianato, non a caso un derivato di ‘arte’, sia per quanto si vede sullo schermo sia per quanto accade dietro le poltrone. C’è una porticina che conduce a quella cripta dei sogni: molti spettatori, in coda, non se ne accorgono nemmeno. Ma lì, in un corridoio senza fronzoli, si nasconde la magia dell’epica e di un grande cinema che da Robert Altman a Paul Thomas Anderson ci porta, in duecentoquindici minuti, a guardare al noi di ieri, oggi e domani.