CLAUDIO CUMANI
Cultura e spettacoli

I settant’anni del Mulino. La lezione di Legrenzi: "Gli uomini, quasi angeli"

La riflessione a Bologna del professore emerito di Scienze cognitive ha chiuso le celebrazioni per il ’compleanno’ della storica realtà culturale.

I settant’anni del Mulino. La lezione di Legrenzi:: "Gli uomini, quasi angeli"

Paolo Legrenzi. , professore emerito di Scienze cognitive di Ca’ Foscari

Settant’anni e non dimostrarli. Settant’anni passati a analizzare criticamente un mondo in cambiamento, a garantire uno sguardo colto e anticonformista sugli eventi politici, scientifici e culturali, a rivendicare il ruolo dell’intellettuale. Il Mulino, la gloriosa casa editrice nata a Bologna nel giugno 1954, ha concluso ieri mattina le celebrazioni del suo compleanno con la tradizionale Lettura (è la numero 39) in Santa Lucia, affidata al professore emerito di Scienze cognitive dell’università Ca’ Foscari di Venezia Paolo Legrenzi. Fu un gruppo di giovani intellettuali, che già tre anni prima aveva fondato nel salotto di Nicola Matteucci la rivista Il Mulino, a dar vita a un’impresa che da un lato voleva svecchiare la cultura italiana appena uscita dalla guerra e dall’altro lanciare un proprio spazio di elaborazione lontano dalla contrapposizione fra comunisti e filogovernativi. Sono stati decenni di libri, riviste e iniziative in cerca di un dialogo non effimero, ma anche decenni spesso segnati da difficoltà economiche. Emblematica, quindi, è stata ieri mattina la consegna (virtuale, essendo il premiato videocollegato) di una medaglia d’oro a Enrico Filippi, presidente del Mulino dal 1978 al 2023. Ovvero alla personalità che, come ha sottolineato l’attuale presidente Paolo Onofri, ha saputo affrontare quasi mezzo secolo fa una delicatissima crisi finanziaria.

Alla storia della casa editrice appartiene appieno Legrenzi che, a inizio della sua lectio magistralis, ha voluto ricordare i tempi lontani in cui il Mulino aveva deciso di arricchire le scienze umane con il settore della psicologia, allora appena nata negli atenei con i due corsi di laurea a Padova e Roma. Il tema di quest’anno della Lettura, Non siamo angeli. Solo uomini alle prese con mondi nuovi, ha aperto una finestra analitica sulla contemporaneità, sulle nuove tecnologie e sulla nostra capacità di adattamento. Davanti a un platea come sempre foltissima (abituale la presenza di Ignazio Visco), Legrenzi ha tenuto in 45 minuti una lectio complessa, colta, intrigante. Ha parlato intanto di ‘psicologia popolare’, ovvero dell’insieme di conoscenze che usiamo abitualmente per capire noi stessi, gli altri e per interagire con il mondo. Psicologia popolare che non può non convivere con le scienze cognitive ma che a un certo punto non è più bastata. Perché?

Perché sono stati gli uomini a renderla insufficiente introducendo macchine per potenziare i loro organi di senso e la loro mente. "Negli ultimi due secoli – dice il professore – il cambiamento di alcuni ambienti di vita, nel lavoro e nel tempo libero, è diventato sempre più turbinoso". La verità è che le persone non sono gli angeli raccontati nel film berlinese di Wim Wenders ma si dividono per bande, appaiono impermeabili al confronto e sono catturati in quella sorta di ‘impero delle novità’ portato dagli schermi di telefoni e computer. Insomma, è aperta la battaglia contro ‘l’abituazione’ che è cosa diversa dall’abitudine perché, spiega Legrenzi, agisce senza che ce ne rendiamo conto. La campagna presidenziale americana lo dimostra: la parte che ha esagerato alla fine ha vinto. Spiega il professore: "La lotta contro l’abituazione premia una visione enfatica e pessimistica del mondo e l’esaltazione delle paure". La speranza? Diventare saggi come Il visconte dimezzato di Calvino. Perché riuscire a vedere gli altri uomini come ‘quasi angeli’ dimostra che non vediamo le cose come sono ma le cose come siamo.