STEFANO MARCHETTI
Cultura e spettacoli

Guercino, genio e fortuna ’Un nuovo sguardo’: i capolavori riuniti a Cento

Trasferite cinque opere dal Palazzo del Merenda di Forlì, in ristrutturazione. Tra la Pinacoteca e la chiesa di San Lorenzo anche tele dalla Romagna.

Guercino, genio e fortuna ’Un nuovo sguardo’: i capolavori riuniti a Cento

Trasferite cinque opere dal Palazzo del Merenda di Forlì, in ristrutturazione. Tra la Pinacoteca e la chiesa di San Lorenzo anche tele dalla Romagna.

La Vergine è al centro della stanza, inginocchiata e assorta nella lettura del suo libro di preghiere. Ma in alto, sopra di lei, si aprono i cieli e Dio Padre convoca l’Arcangelo Gabriele indicandogli la giovane a cui dovrà portare la novella. "Più che annunciata, qui la Madonna è ancora annuncianda", fa notare Lorenzo Lorenzini, direttore della Civica Pinacoteca di Cento. Nel 1646 Guercino, ormai al culmine della carriera, richiestissimo da tutti, dipinse questa pala per l’altare maggiore della chiesa della Ss. Annunziata degli Scolopi di Pieve di Cento. Due anni dopo, da Forlì, Polissena Corbici gli commissionò un quadro di identico tema per la chiesa di San Filippo di Forlì, e l’artista centese scelse di replicare la scena, l’atmosfera, la composizione, solo con qualche nuvola e qualche angioletto in più. Le due Annunciazioni – sottolineano gli storici dell’arte – condividono la stessa poesia e "il composto silenzio terreno sovrastato da una sinfonia sapientemente sospesa nell’aria". "Ma agli Scolopi la fece pagare di meno, forse perché aveva uno speciale accordo con loro", sorride Lorenzini.

Guercino è Cento, e a Cento – come scrisse Goethe già nel 1786 – "Guercino è il nome di un santo che corre sulle labbra dei grandi come dei piccoli". E allora, dopo aver inaugurato a novembre la ‘ritrovata’ Pinacoteca, riaperta a 11 anni dal terremoto, ora Cento raddoppia. E alla chiesa di San Lorenzo, a pochi passi dalla galleria civica, ospita altre venti pale del Maestro e della sua scuola per ’Guercino, un nuovo sguardo’, una mostra ‘a tempo indeterminato’ perché legata a una situazione eccezionale. Cinque delle opere esposte, infatti, provengono dal Palazzo del Merenda di Forlì, chiuso per ristrutturazione: "Anziché portarle nei depositi abbiamo voluto concederle per qualche tempo alla città del Guercino", dice Vincenzo Bongiorno, vicesindaco del capoluogo romagnolo. "E noi abbiamo sostenuto l’operazione proprio nell’ottica di quel ‘sistema regionale Guercino’ che intendiamo promuovere anche all’estero", aggiunge l’assessore regionale alla cultura Mauro Felicori.

Dalla Romagna sono giunti a Cento alcuni capolavori guercineschi, come l’ ’Annunciazione’ del 1648, appunto, ma anche il ’San Giovanni Battista’ (1653-1655), parente stretto dell’omologa pala che tre anni prima il Maestro aveva creato per la chiesa del Rosario della sua città. Vi si affiancano i lavori di autori della cerchia del pittore centese, la bellissima ’Madonna del Rosario con i santi Domenico e Caterina’ del nipote Benedetto Gennari, e la pala con i ’Santi Anna e Gioacchino inginocchiati di fronte all’Eterno’ di Cristoforo Serra che con Guercino e Guido Cagnacci condivise gli anni romani. Altre opere sono state riunite qui dal territorio centese, come la tela con ’San Lorenzo e San Pancrazio’ di Carlo Bononi (1610), dalla chiesa di Casumaro, o dalla chiesa di San Pietro la ’Madonna con il Bambino, San Bernardino da Siena e l’angelo custode’ (1630-40) di Matteo Loves, che certamente per vari anni affiancò il Maestro nella sua bottega, e la magnifica ’Madonna Assunta’ di Benedetto Zalone (1620).

Curata da Daniele Benati e Lorenzo Lorenzini, la mostra proseguirà fino a quando le opere forlivesi potranno rimanere a Cento. E in una sala attigua la Fondazione Cassa di risparmio di Cento ci invita a scoprire le meraviglie della sua collezione di 1.030 incisioni da Guercino, proponendone una ricca selezione: occhi, bocche, teste, mani, tutti ripresi (già all’epoca) dai disegni originali della scuola del Guercino. "Queste incisioni fecero il giro d’Europa, rendendo il Maestro celebre ovunque", ricorda la curatrice Valeria Tassinari. Già: allora non c’era la rete o i social, e questi fogli meravigliosi erano i testimonial di un’arte di prima grandezza. Che ancora oggi ci incanta.