STEFANO MARCHETTI
Cultura e spettacoli

Fantozzi torna a teatro: Gianni Fantoni interpreta il celebre ragioniere

Gianni Fantoni porta in scena 'Fantozzi. Una tragedia', diretto da Davide Livermore, reinterpretando il personaggio di Villaggio.

Gianni Fantoni porta in scena 'Fantozzi. Una tragedia', diretto da Davide Livermore, reinterpretando il personaggio di Villaggio.

Gianni Fantoni porta in scena 'Fantozzi. Una tragedia', diretto da Davide Livermore, reinterpretando il personaggio di Villaggio.

Se non esistesse un Fantozzi, bisognerebbe inventarlo, "perché Fantozzi è uno degli ultimi ingranaggi del motore del mondo, il perdente che sta alla base di tutto, ma senza il quale non si muove tutto il resto", spiega (fra sorriso e amarezza) Gianni Fantoni che da Paolo Villaggio, già alcuni anni fa, ha ricevuto l’imprimatur ufficiale per essere il ‘nuovo’ Fantozzi, una sorta di reincarnazione e reinterpretazione dello sfigatissimo impiegato, schiacciato da ogni forma di sopraffazione e di sopruso.

Proprio dai libri di Villaggio, ecco ’Fantozzi. Una tragedia’, la prima versione teatrale del celebre ragioniere: firmato da Davide Livermore, fra i più apprezzati registi italiani, lo spettacolo riprende in questi giorni la sua tournée e fino a stasera sarà al teatro dell’Aquila di Fermo, poi da venerdì 20 a domenica 22 al Comunale di Ferrara (dove il protagonista giocherà in casa), e dal 23 al 26 gennaio arriverà anche all’Alighieri di Ravenna.

In scena con Fantoni un gruppo di attori chiamato a ‘evocare’ i mitici personaggi della saga, il ragionier Filini e il geometra Calboni o la signorina Silvani, e tanti memorabili episodi (la partita di tennis nel nebbione, "Batti lei!", o la Corazzata Potemkin) per offrirci uno spettacolo in cui si ride, ma non sempre...

Due consonanti, e Fantoni diventa Fantozzi. Ma che Fantozzi vedremo?

"Un Fantozzi che riparte da capo, il Fantozzi di un universo parallelo, quasi portato in una dimensione onirica. Il nostro riferimento sono i libri scritti da Villaggio fra il 1971 e il ‘76 e i primi due film, diretti da Luciano Salce, dove il ragionier Ugo Fantozzi era un personaggio tragico e comico insieme, più profondo e più solido, con un tratto di critica sociale. Nei film successivi si è via via trasformato in un cartone animato, come un Willy Coyote".

Il primo film uscì cinquant’anni fa. Il mondo è ancora così?

"La società è cambiata, ma i perdenti esistono sempre. Magari non sono più gli impiegati delle megaditte, ma si sono mimetizzati in altre figure, per esempio nei rider che ci portano a casa la cena, quelli che non hanno voce e non possono neppure alzarla perché altrimenti vengono espulsi. Sono gli ingranaggi più deboli del sistema e sono i più eroici perché resistono. Purtroppo, senza una vittima, il carnefice resterebbe senza lavoro".

Scrive Livermore che Fantozzi "è un personaggio dal destino irreversibile". Davvero non potrà mai rialzare la testa?

"Oggi, in realtà, ci sono anche tanti Fantozzi che stanno benissimo come sono perché credono di essere i migliori di tutti, soltanto perché se lo dicono da soli. In questa epoca di egocentrismo, basta che qualcuno sui social scriva di essere il re del Ruanda o un esperto di chissà che perché tanti gli vadano dietro: quanti Fantozzi ci sono fra gli influencer e altri personaggi che ‘girano’ in rete? Credono di di avere il mondo in mano, si autocertificano, si autogiustificano e stanno a meraviglia in questa loro convinzione. Finché non crolla il castello".

Come affronta il personaggio?

"Non potevo certo proporre una semplice imitazione. Con Livermore ho cercato di farne una mia interpretazione, con le mie coloriture e i miei sentimenti. Pian piano, comunque, ho iniziato a sentirmi ‘il’ Fantozzi. E la prima volta che mi sono visto allo specchio con il costume di scena e i famosi mutandoni ascellari, confesso che mi sono fatto impressione".

Ma lei si sente Fantozzi?

"Nella vita certamente no, come lo stesso Paolo Villaggio era ben diverso dal personaggio che aveva ideato e interpretava. Tuttavia un personaggio del genere lo affronti meglio se porti dentro di te alcune delle sue ‘chiavi’ e se hai provato alcune delle sue frustrazioni, e qualcosa in comune con lui ce l’ho: anch’io sono ragioniere, anch’io sono stato un impiegato. In più, come si vede, il mio fisico assomiglia drammaticamente a quello di Villaggio: né io né lui siamo mai stati degli adoni, ed entrambi abbiamo provato delle insicurezze nella vita che ci hanno aiutato a trovare le sfumature comiche per rappresentarla".