FRANCESCO MORONI
Cultura e spettacoli

Elio e le Storie Tese, il ritorno: "Per noi il live è motivo di culto"

’Faso’ racconta lo show di stasera al Sequoie di Bologna. "Proviamo ancora i pezzi in modo maniacale"

Elio e le Storie Tese, il ritorno: "Per noi il live è motivo di culto"

Elio e le Storie Tese, il ritorno: "Per noi il live è motivo di culto"

Faso, come arrivate a questo appuntamento d’estate?

"Ci stiamo preparando scaldandoci a manetta, come una locomotiva quando sbuffa poco prima di arrivare in stazione. Siamo dei super amanti dell’esibizione dal vivo, è motivo di culto per noi". Lo stile e l’ironia sono quelli di sempre. ‘Faso’, al secolo Nicola Fasani, eclettico e baffuto bassista, incarna alla perfezione la verve e llo spirito del gruppo Elio e le storie tese: scherza, ride, fa battute, poi diventa di colpo serio quando si cambia argomento e subito di nuovo, zac, ecco un’altra freddura. Il superlativo assoluto è il suo mantra. "Sempre tra sacro e profano", come richiede lo show Mi resta solo un dente e cerco di riavvitarlo, in programma oggi per Sequoie Music Park alle Caserme Rosse di Bologna, (21.30). "Quando uno ci viene a vedere suonare, si chiede: ma stanno suonando proprio tutto loro dal vivo?", continua Faso. D’altronde quello di Elio e le storie tese, dopo il successo del tour nei teatri con oltre 40 date esaurite, è uno spettacolo "senza basi, senza campionamenti, senza autotune. Insomma: senza un c… è tutto fatto in casa".

Si è un po’ persa questa dimensione ‘autentica”?

"Sì, si è persa, e in maniera strana. Lo spettacolo dal vivo ha un suo perché. Quando andavi a vedere Michael Jackson, nel suo periodo d’oro, lo show era tutto un ballerini, raggi laser, colori, thriller. E c’era lui, Michael, che cantava come un pazzo… ".

La sostanza, quindi, oltre la forma?

"Il discorso è questo: a volte lo spettacolo ti fa costruire delle sovrastrutture per renderlo interessante. Anche noi ci avvaliamo di schermi e altro, per carità, però i nostri miti sono e restano quelli che suonano bene. Quelli ruspanti, quelli per cui la priorità è fare musica. Per noi, ad esempio, è ancora importante spendere due giorni a provare maniacalmente i cori dei ‘pezzi’. Perché poi, quando Elio canta, vogliamo farli nella miglior maniera possibile. In un mondo dove tutto questo si sta perdendo, sì… ".

E voi? Siete cambiati negli anni, insieme con la vostra musica?

"Questo spettacolo è una specie di ritorno. Ci siamo sciolti e la voglia di tornare assieme è risaltata fuori dopo il Concertozzo. Ci siamo detti: forse le persone hanno ancora voglia di venire a vederci suonare".

Questo show com’è?

"La regia (di Giorgio Gallione, ndr) è fondamentale. È un percorso che conduce gli spettatori a ragionare su aspetti curiosi della nostra vita, di costume, vizi e virtù del mondo italiano che Giorgio si è accorto potevano essere dipinti attraverso le nostre canzoni".

La passione è rimasta…

"Siamo i primi a dire “ma John Holmes (una vita per il cinema) l’abbiamo fatta mille volte”. Però l’occhio esterno di una regia attenta ci ha permesso di recuperare alcuni brani che abbiamo sempre suonato poco e inserirne altri".

Qualche esempio?

"Valzer transgenico: mai suonata dal vivo. Avevano la sensazione che non piacesse a nessuno. Invece, tra farine di grilli e cibi sintetici, è tutta roba attuale. Anche perché, come diceva mio padre che ha sempre fatto il ristoratore, noi italiani possiamo prenderci in giro su tante cose, dalla politica alla burocrazia fino ai cantieri… Ma sul cibo non si scherza, perché siamo i maestri del pianeta terra. Io sono aperto al nuovo, ma non voglio mai sentir dire che un hamburger è meglio della piadina. Altrimenti comincio a tirare dei gran schiaffoni… (ride, ndr)".

Bologna è la Grassa. Che rapporto avete con la città?

"È eccezionale. Dagli albori ai concertini, siamo venuti mille volte: il pubblico è sempre caloroso e allegro. Sarà questo spirito, non lo so, ma quando vedo il cartello che indica di essere arrivato in Emilia-Romagna… Sono felice".