Ravenna, 19 novembre 2023 – Ha più fan di una rockstar, più like di un influencer. Eppure di mestiere fa il veterinario: il veterinario di campagna, di quelli che magari immaginereste correre per un purosangue acciaccato o un falco in difficoltà come nel celebre spot di un amaro degli anni ’80.
Di fatto mai a Ravenna era accaduto che la storia di un processo diventasse così tanto la storia di un personaggio. Con addirittura sostenitori acclamanti alla prima del dibattimento: quasi 200, assiepati sull’aiuola davanti al palazzo di giustizia ravennate. E lui, come nelle migliori tradizioni liturgiche, che sfila in auto, alza il braccio, saluta e scorre.
Mauro Guerra , 50 anni, occhi chiari e spalle larghe: un “tabacaz”, come si direbbe da queste parti per indicare un uomo ben piazzato. E un ambulatorio-casolare nella frazione di Sant’Antonio dove il sole bacia le campagne madide di rugiada al mattino. Fine dell’idillio: quell’ambulatorio è sotto sequestro.
E il veterinario Guerra, secondo il suo Ordine, non è nemmeno più veterinario. Radiato a maggioranza: e se ora può continuare a fare il mestiere – ma solo porta a porta – è perché ha fatto ricorso.
In attesa dell’appello disciplinare a Roma, tocca intanto fare i conti con il processo penale a Ravenna con una lista contestazioni decisamente corposa: maltrattamento e uccisione di animali, detenzione illegale di farmaci, falsificazione di libretti sanitari, frode in commercio e reati tributari.
E se vi state chiedendo cosa mai possa c’entrare quest’ultima imputazione con le precedenti, vi anticipiamo che l’indagine a carico di Guerra, si era palesata ai ravennati con il sequestro di un tesoretto. Il 10 dicembre 2020 gli investigatori erano andati al suo ambulatorio: rovistando in garage, si erano imbattuti in due scatole di polistirolo gonfie di soldi: la bellezza di 619mila euro in parte sigillati sottovuoto.
Ma anche taccuini con annotazioni riferibili, per la Procura, alla contabilità in nero: uguale a contestata maxi-evasione dal 2014 di oltre un milione di euro. Importante, certo: ma non determinante. Per l’accusa nella vita professionale di Guerra è accaduto ben altro.
Perché in quel 10 dicembre oltre ai soldi, a tante etichette false di fustelle del vaccino anti-filaria e a condizioni igieniche definite pessime tra polvere, ragnatele, sporcizia per terra, odore sgradevole, escrementi di gatto e assenza di specifiche apparecchiature sterilizzanti, gli investigatori avevano trovato farmaci per l’eutanasia animale del tipo Tanax non tracciabili sui documenti.
Il sospetto è insomma quello di eutanasie praticate senza che davvero ce ne fosse stato bisogno e senza peraltro il necessario anestetico: in questo modo, dice l’accusa, la bestiola rimaneva cosciente percependo il dolore attraverso un progressivo e inesorabile soffocamento.
In totale sarebbero stati uccisi in questo modo una decina di animali domestici tra cani, gatti e un coniglio: perlopiù deceduti tra maggio 2019 e dicembre 2020. Ciascuno con un nome e una storia, come qualsiasi altro membro della famiglia. A partire da Balto, l’anziano labrador al quale il 19 agosto 2020 era stata praticata l’eutanasia e la cui vicenda aveva fatto scattare l’inchiesta.
Una storia nella storia, la sua, sotto al cielo plumbeo della città bizantina. Perché Balto apparteneva alla direttrice del carcere ravennate, pure lei ora sotto accusa (la sentenza è attesa a breve).
Altrettanto corposo è il capitolo dei contestati maltrattamenti tra castrazioni senza anestesia, un medicinale rivelatosi tossico, code tagliate, la rimazione di tartaro con pinze senza anestesia e l’uso grossolano di uno ferro di 20-30 centimetri per un blocco intestinale senza ricorrere ad anestetico e vasellina.
Tanta roba, di fronte alla quale Guerra ha sempre respinto ogni accusa attraverso i suoi legali e i suoi consulenti. Ancora meglio: attraverso i suoi sostenitori. C’è chi tra di loro è pronto a giurare che il gruppo social pro-Guerra, “benefattore e amante degli animali”, raccoglie addirittura oltre 3.000 supporter reali, nessun troll.
Di sicuro per il veterinario si stanno spendendo fino in fondo. Come l’infermiera in pensione, oggi gattara, intervenuta per spiegare che i cinque gatti inanimati ricomposti in un abbraccio collettivo e ritratti in una foto scattata da Guerra, sono ancora vivi: erano stati solo anestetizzati per essere castrati.
O come i 200 che il giorno del processo hanno mollato lavoro e famiglia e si sono presentati sotto al tribunale per vederlo sfilare in auto, braccio al cielo, come nelle migliori tradizioni liturgiche.