Forlì, 19 maggio 2024 – “Sono pochi i rimborsi richiesti per l’alluvione? Ci sono poche domande: il tema è molto complesso e le motivazioni sono svariate". Andrea Bassi, 52 anni, dal 4 aprile è stato eletto presidente dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Forlì-Cesena e il suo punto di vista aiuta a comprendere i problemi post alluvione.
Voi ingegneri siete chiamati per svolgere le perizie. È un compito difficile?
"Rispetto a un terremoto dove i danni sono immediatamente visibili, quelli causati da un’alluvione possono emergere con il passare dei mesi e avere tempi molto più lunghi di risoluzione. Poi c’è l’aspetto legato alla ricerca di documentazione: difficile se non impossibile da ritrovare visto che l’archivio di Forlì ha subito ingenti danni".
Quanti dei vostri ingegneri stanno lavorando sui danni causati dall’alluvione?
"Il numero preciso è difficile da dare perché varia molto di frequente. Diciamo poco più di 50 sui nostri 1550 iscritti, professionisti che subito dopo l’evento di un anno fa hanno dato la loro disponibilità e si sono messi a disposizione delle persone bisognose d’aiuto, e vengono contattati privatamente dai cittadini che telefonano in sede".
Sembrano pochi.
"Ma ricordiamo che possono occuparsi di questa questione solo gli ingegneri del settore civile e ambientale, mentre gli informatici, i meccanici, i geotecnici e gli elettronici non hanno questo genere di competenze. Consideriamo anche che i nostri professionisti sono al lavoro anche su Pnrr e Bonus 110%".
La burocrazia vi mette i bastoni fra le ruote?
"Nei primi tempi le ordinanze emesse presentavano criticità perché andavano lette e interpretate. Oggi sono state aggiornate e tutto è migliorato grazie anche ai chiarimenti chiesti e ottenuti. Esiste un ottimo rapporto fra il nostro Ordine e le Amministrazioni comunali così come è importante l’opera del colonnello Carlo La Torre che fa parte della squadra del generale Figliuolo".
Quali altri ritardi dovete affrontare?
"Quelli legati alle verifiche dei sottoservizi dei vari immobili. Una crepa nel muro si vede subito, così come se una famiglia ha perso gli arredi di soggiorno, cucina, bagni e camera da letto. Diventa invece tutto molto più complicato verificare se fognature, l’impianto elettrico e le condotte dell’acqua abbiano subìto danni e questo talvolta emerge solo con il passare del tempo: parliamo di mesi. Stessa cosa a livello di computo metrico: ad esempio quando si deve ritinteggiare una casa bisogna fare attenzione al tipo di materiale da utilizzare. Insomma esistono difficoltà oggettive da sviscerare con calma e attenzione: decisioni che non possono purtroppo essere prese dall’oggi al domani".
Come definirebbe oggi il vostro ruolo?
"Facendo un paragone sanitario, noi ingegneri che ci occupiamo di queste pratiche non siamo medici generici che danno una visione d’insieme del problema, ma siamo specialisti che devono intervenire con azioni mirate sulla condizione dell’immobile".
A un anno dal disastro, qual è il primo pensiero che le viene in mente pensando a quei giorni?
"Mi viene in mente quanto detto dal nostro Vescovo Livio Corazza in occasione di una mostra fotografica dedicata all’alluvione, che ho visitato presso la sede della Fondazione. Corazza parlando dell’archivio storico seminariale ha detto: abbiamo messo le inferriate per proteggerlo dai ladri, abbiamo installato l’impianto anticendio per proteggerlo dal fuoco, ma non abbiamo pensato all’acqua e all’alluvione che in poco tempo ha distrutto tanto".
Qual è la sua riflessione?
"Traendo spunto da queste parole allora dico che è il momento per parlare di prevenzione di ogni possibile effetto ambientale. Questo è giusto e rispettoso per il futuro dei nostri figli, oltre al fatto che i costi della prevenzione sono nettamente inferiori rispetto a quelli di una ricostruzione".