Bologna, 20 febbraio 2024 – “L’inquinamento non è solo quello atmosferico, ma anche quello acustico, del suolo, inquinato è anche quello mangiamo e beviamo. Ormai però è saldamente dimostrato dalla letteratura scientifica che l’inquinamento in generale colpisce soprattutto l’apparato respiratorio”.
A spiegarlo è il professor Stefano Nava, direttore del Dipartimento delle malattie dell’apparato respiratorio dell’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna. “Questo è ovvio perché soprattutto l’inquinamento atmosferico non fa altro che favorire l’inalazione di particelle inquinanti, dal Pm 10 in giù”, che non solo possono causare danni “sia nei bronchi più profondi sia nelle primissime vie aeree”.
In questi giorni i valori di Pm10 e Pm2.5 sono alle stelle nella Pianura Padana. C’è da preoccuparsi?
"Gli studi ci dicono che una delle aree più inquinate d’Europa è sicuramente la Pianura Padana per un problema orografico. Siamo conciati veramente male. L’inquinamento ha effetti cronici e acuti. Uno studio di una decina di anni fa a Pisa dimostra come vivere entro 100 metri da una grande arteria stradale produca più danni all’apparato respiratorio rispetto a chi viva dai 100 ai 500 metri e oltre i 500 metri. Questo è l’inquinamento cronico a cui si aggiunge l’inquinamento acuto, i cui effetti vediamo anche in questi giorni con le riacutizzazioni di alcune malattie respiratorie. L’asma bronchiale, la bronchite cronica e l’enfisema polmonare, ad esempio, a seguito della continua esposizione agli inquinanti, possono peggiorare”.
Cosa possiamo fare per proteggerci?
“Tutti noi possiamo fare qualcosa, iniziando dalle cose più semplici. È inaccettabile, ad esempio, fermarsi e tenere il motore acceso ai semafori, se sono molto lunghi, oppure portare i figli a scuola per forza in auto, tipico atteggiamento italiano. I figli possono benissimo andare a scuola a piedi da soli, o possiamo accompagnarli con altri mezzi. Anche le caldaie dei nostri appartamenti o condomini sono spesso obsolete, datate di decenni, e quindi inquinano molto. La sola ottimizzazione delle caldaie potrebbe ridurre il problema dell’inquinamento in maniera significativa”.
L’esercizio fisico outdoor in questa situazione è consigliabile?
"Il problema dell’esercizio fisico, che fa bene a prescindere, è che in un momento di alto inquinamento come questo, correndo, giocando a tennis o a calcetto aumentiamo la ventilazione. Di conseguenza aumenta la quantità d’aria inalata ogni minuto e quindi automaticamente anche la quantità di particelle nocive inalate. Ben venga l’attività fisica, ma in questo momento almeno eviterei di andare a correre in centro a Bologna”.
Servono precauzioni in più per bambini o fragili?
“Non bisogna esagerare, perché tutti noi stiamo all’aria aperta per un tempo relativamente breve nel corso della giornata. A differenza di quanto dicono molti, però, non c’è alcuna evidenza scientifica che le mascherine riducano il rischio di malattia. Bisogna anche capire che tipo di mascherine si usano e come viene fatto il loro riutilizzo. L’uso indiscriminato delle mascherine ha poco senso. Ovviamente ci sono lavori, come ad esempio chi si occupa della manutenzione delle strade, per cui l’utilizzo di certi tipi di maschere è indicato, ma questo riguarda una piccola parte di popolazione. Andare in giro per Bologna con la mascherina chirurgica e riutilizzarla il giorno dopo, invece, non ha molto senso”.
Per quanto riguarda i trasporti cos’altro si potrebbe fare?
“Alcuni aeroporti hanno adottato l’accensione tardiva dei motori degli aerei prima della partenza. Ci sono aeroporti, soprattutto in Nord Europa, che hanno tempi standardizzati dei tempi dei motori”.
Ci può dare qualche altra indicazione?
“Sono le piccole cose che cambiano le grandi cose. Semplici comportamenti, come usare meno l’auto e andare più a piedi, abbassare la temperatura dei termosifoni in casa, fanno la differenza. Io non ho l’auto dal 2006 e sopravvivo. Addirittura, spendo meno soldi. Bologna è una città che lo consente. Io viaggio spesso per congressi e due colleghi, uno francese e uno canadese, hanno declinato l’invito ad un congresso in Nuova Zelanda dicendo che preferivano fare il loro intervento online perché viaggiare in aereo inquina troppo. Una mia ex specializzanda adesso lavora in Olanda e la sua Università, quando deve andare ad un congresso come relatrice, se è possibile non le paga l’aereo ma il treno. Si può fare”.