Civitanova Marche, 8 marzo 2022 - Anche i pescatori di Marche ed ed Emilia Romagna non sono usciti in mare, restando ancorati in banchina, in adesione allo sciopero generale di una settimana promosso delle marinerie italiane per protestare contro il caro gasolio che rende insostenibile l’attività di pesca. Lo sciopero è stato deciso durante una riunione a Civitanova Marche, alla quale erano presenti rappresentanti dell’80% delle marinerie. "L’aumento dei costi del gasolio è diventato insostenibile – spiega Francesca Biondo, direttrice generale di Federpesca – perché comunque rappresenta il 60% dei costi fissi in un’impresa di pesca e quindi è diventato proprio inutile andare in mare. In realtà questo aumento del costo del gasolio da pesca va avanti ormai da mesi"
Ci potranno essere conseguenze anche nell’approvvigionamento ittico, Federpesca sta facendo una mappatura. Come seguito dello sciopero i pescatori si recheranno domani a Roma per manifestare e hanno già chiesto un incontro al Ministero per la Pesca. "Giovedì mattina – riferisce ancora Biondo – si terrà invece un incontro al ministero tra le associazioni di settore e il sottosegretario Francesco Battistoni che ha la delega alla Pesca",
Il caro gasolio non permette più di sostenere l’attività di pesca e il comparto ha deciso di fermarsi. E i pescatori di Ancona dicono: "Potremmo andare avanti ad oltranza". Se è vero che il settore pesca ha il gasolio agevolato è altrettanto vero che il costo del carburante per le imbarcazione si è moltiplicato nel giro di due-tre settimane del 150%. "Siamo passati in un anno – dice Tonino Giardini, responsabile di Coldiretti Pesca – da 40 centesimi al litro a un euro. L’incremento è iniziato da diversi mesi ma ha avuto un’accelerazione vibrante nelle ultime due-tre settimane. Negli ultimi 15 giorni è schizzato fino al 100-150% di incremento. Arrivando a un euro alla pompa".
Al di là dello sciopero alcune imbarcazioni hanno già sospeso l’attività di pesca: hanno preso atto che i costi superavano le entrate. "Il problema è che fermare le barche – aggiungono le associazioni di categoria – vuol dire sospendere i dipendenti dal lavoro, ma non esistono ammortizzatori sociali operativi. Vuol dire bloccare completamente il settore e forse riunciare in parte alla sua esistenza". Già ora il 75-80% del prodotto arriva dall’estero. "Si pesca sempre meno, ma la richiesta su livelli medio alti fa salire il prezzo e quindi il fatturato non ne risente", dicono i pescatori di Cesenatico, dove nel Mercato ittico comunale viene battuto il pescato della flotta romagnola. I banchi dei pescherecci al Mercato coperto di Rimini non avranno pesce per una settimana. Questo è un mondo che fra Marche ed Emilia Romagna dà lavoro a migliaia di persone, raccoglie tonnellate di pesce per le nostre tavole e fa un fatturato di ben più di 100milioni di euro a stagione.
Le barche sono tante: 138 pescherecci nel Riminese, 60 a Cattolica e Gabicce, un’ottantina Cesenatico, altre centinaia fra il Ravennate e il Ferrarese. Nelle Marche Ancona-Civitanova è il comparto più forte. Le associazioni chiederanno al governo misure atte a frenare le perdite. Il problema in più per la pesca è rappresentato dai lavoratori: "Quando si perdono è difficile ritrovarli. Viviamo una forte carenza di manodopera".