REDAZIONE CRONACA

Roberto Burioni e il vaccino cubano: polemica di fuoco tra Twitter e Facebook

Il virologo pesarese: “Prima va sperimentato in una democrazia occidentale”. Rizzo, segretario del Partito Comunista: “Solo disprezzo”

Roberto Burioni: dubbi sul vaccino cubano (foto Imagoeconomica)

Roberto Burioni: dubbi sul vaccino cubano (foto Imagoeconomica)

Pesaro, 28 gennaio 2021 – Dove finisce lo scienziato comincia il polemista. Roberto Burioni è fatto così, per la causa non si risparmia. I social network sono il suo ring. Da mesi il virologo pesarese di famiglia riminese si è fatto promotore dei vaccini anti-Covid, ma la sua non è una battaglia dogmatica. Non tutti vanno bene a prescindere. Basti leggere le parole che scrive su Twitter a proposito del preparato prodotto dalle parti dell’Avana. Infiammando la polemica.

“A me va benissimo anche il vaccino cubano – dice -, a patto che venga sperimentato in un luogo dove uno scienziato che dice che non funziona non viene messo in galera”. Segue emoticon sorridente. “In altre parole, in una bella democrazia occidentale”, conclude lapidario.

Si scatena un botta e risposta con alcuni utenti che lo accusano di pregiudizio. E Burioni replica sul filo dell’ironia: “E’ evidente il contributo dato da Cuba alla ricerca farmaceutica degli ultimi 50 anni. Nessuno può metterlo in discussione”. E ancora, qualora il concetto non fosse già abbastanza chiaro: “Io non ho alcun pregiudizio nei confronti della ricerca svolta in Corea del Nord o in Cina. Però voglio vederla replicata in Paesi liberi, che guarda caso sono quelli che hanno sviluppato tutti i farmaci degli ultimi 50 anni. Delle dittature non mi fido”.

Frasi che non vanno giù a Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, già parlamentare ed eurodeputato. “Questo tizio, tal Burioni, che fa la star in tv grazie alla pandemia – attacca su Facebook -, ha la capacità di comprendere che esistono nazioni in cui la sanità ed i suoi operatori fanno il loro mestiere per passione ed amore del popolo (anche di altre nazioni) e non al servizio delle grandi multinazionali del farmaco? Solo disprezzo”.