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Reinfezione Covid, lo studio Unibo: rischio basso di nuove forme gravi anche dopo un anno

La ricerca sull'immunità naturale: meno di un paziente su 10mila si è ammalato nuovamente in modo serio

Un sanitario assiste un paziente con una grave infezione da Covid

Un sanitario assiste un paziente con una grave infezione da Covid

Bologna, 13 maggio 2022 - La guarigione dal Covid tiene lontane le forme più gravi dell'infezione, anche dopo un anno. È quanto rivela un nuovo studio – il primo al mondo con questa scala temporale – pubblicato sulla rivista Frontiers in Public Health e coordinato da Lamberto Manzoli, professore al Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna

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La ricerca si è svolta su ampia scala, perché ha coinvolto oltre centomila pazienti residenti in Abruzzo, che hanno contratto il COVID-19 dall’inizio della pandemia fino allo scorso febbraio, indagando il tasso di reinfezione e di malattia secondaria ad oltre un anno di distanza dalla prima guarigione.

Da qui alla dimostrazione: dai dati raccolti è infatti emerso che meno dell’1% dei guariti ha avuto una seconda infezione. Ma soprattutto, meno di 1 su 10mila ha avuto una forma grave di COVID-19 dopo la guarigione. Nel dettaglio, su 119.266 pazienti si sono registrate 729 reinfezioni, con otto casi di ospedalizzazione e due decessi. Altro dato importante, i casi di reinfezione sono rimasti sostanzialmente costanti nel tempo, anche a distanza di 18-22 dalla guarigione: elemento che suggerisce come la protezione che deriva dall’immunità naturale resista di norma anche più di 12 mesi.

Nonostante l’arrivo della variante Omicron, estremamente contagiosa, abbia fatto però aumentare il rischio di contrarre la malattia anche per chi è già guarito, i casi di malattia grave o decesso restano vicini allo zero. E lo studio ha evidenziato che il vaccino continua a fornire uno scudo di protezione significativo: per i vaccinati il rischio di reinfezione è infatti di circa il 70% inferiore rispetto ai non vaccinati.

“Un’ampia letteratura internazionale che mostra un rischio molto basso di malattia grave per i guariti, ma fino ad oggi nessuno aveva seguito i pazienti per oltre dodici mesi”, afferma il professor Manzoli. “È stato quindi importante constatare che, come per gli altri coronavirus, anche per il SARS-CoV-2 l’immunità naturale conferisce una protezione buona e duratura, perlomeno fino a diciotto mesi”.