Bologna, 24 aprile 2023 – Con la primavera tornano in città e in campagna, dove c’è presenza di pini, anche le processionarie. Un insetto molto comune, particolarmente dannoso per le piante che infesta e pericoloso anche per l’uomo e soprattutto per i cani. Se da adulto è una innocente farfalla notturna, tuttavia il suo stadio larvale è quello più noto: un bruco ricoperto di sottili peli urticanti. Vediamo quali sono le sue caratteristiche e i metodi per contrastare questo animale.
La vita delle processionarie
Thaumetopoea pityocampa, questo il nome scientifico della processionaria, è un lepidottero molto comune che nella sua fase adulta, dopo la metamorfosi, è una tranquilla falena notturna di pochi centimetri. È diffusa nei paesi mediterranei. Le falene depongono tra luglio e agosto sugli aghi dei pini gruppi di qualche centinaio di uova, che si schiudono verso settembre facendo uscire piccoli bruchi che iniziano a cibarsi degli aghi, causando inizialmente solo danni modesti.
Il ‘letargo’ invernale
Quando le temperature scendono, i bruchi costruiscono un nido collettivo che li ripari dal freddo dove trascorrono l’inverno. Questi nidi sono tipicamente a forma di pera e di colore bianco, ben visibili anche da lontano sulle cime degli alberi o sulle punte dei rami laterali. Con l’aumento delle temperature primaverili però, le processionarie escono dal nido e iniziano a cibarsi voracemente degli aghi di pino, causando defogliazioni molto severe per la pianta.
Le caratteristiche ‘processioni’
Quando la pianta non è sufficiente per cibarsi o non è più sicura, i bruchi scendono dal tronco in una tipica fila indiana fino a raggiungere un altro pino. Terminata la fase di accrescimento, fino a raggiungere 3-4 centimetri di lunghezza, i bruchi scendono definitivamente a terra e camminano fino a trovare una zona ideale dove interrarsi per un lungo periodo che può arrivare fino a sette anni. Quando si risveglieranno sarà nuovamente estate e saranno diventate farfalle.
Attenzione ai peli
La processionaria è nociva per tutti gli esseri a sangue caldo, incluso l’uomo. Nello specifico, sono i peli che causano danni, che vanno da modesta a notevole gravità. Nella pelle, dove si infiggono le setole o i loro frammenti, insorge un lieve arrossamento con grande prurito, che normalmente scompare dopo qualche giorno. Conseguenze più gravi si presentano quando i peli vengono a contatto con l'occhio, la mucosa di naso e bocca o delle vie respiratorie. Se si è particolarmente sensibili o allergici, possono provocare shock anafilattico oppure una gravissima reazione allergica che necessita di un rapido intervento del pronto soccorso. Le processionarie sono dannose anche per gli animali: specialmente i nostri cani, che potrebbero essere attirati da esse e avvicinarsi col muso, al contatto potrebbero manifestare soffocamento o necrosi di naso o lingua. È bene dunque tenere a debita distanza dai bruchi sia noi che i nostri amici a quattro zampe, per evitare conseguenze anche fatali.
Trattamenti contro le processionarie
Molti sono i comuni o i parchi che ogni anno attuano politiche di disinfestazione contro tale insetto, di varie tipologie. I trattamenti insetticidi non possono essere applicati sul nido perché la struttura le protegge. Un tempo, in maniera individuale, chi abitava in campagna sparava ai nidi con la conseguenza non di uccidere le larve in letargo, ma di causare fori nelle pareti del nido tali da abbassare le temperature e far morire i bruchi. Tale pratica non è ovviamente avallata dalle istituzioni per chiari motivi di sicurezza oltre che rivelarsi poco efficace Dunque si rivela utile la lotta ai bruchi dopo che escono dal nido. La lotta può essere di tipo meccanico o biologico.
Lotta meccanica
Una volta individuati in inverno i nidi sugli alberi, si può intervenire tagliando la cima dei rami e distruggendo poi il nido in un luogo privo di vento (i peli possono spostarsi con l’aria) con mezzi chimici. Un altro metodo è quello di installare una fascia sul tronco ricoperta di colla su cui le larve rimangono impigliate. Un terzo rimedio, il più praticato dalle istituzioni pubbliche, è quello dell’imbuto: uno specifico anello di plastica viene posto a circondare il tronco, con dei bordi che impediscono che venga oltrepassato: tale imbuto presenta solo un piccolo varco che i bruchi pensano sia l’uscita, ma che conduce ad una sacca in plastica dalla quale non riescono ad uscire e che viene sostituita quando si riempie.
Lotta biologica e chimica
Può essere usato un batterio che, spruzzato sugli aghi che vengono mangiati dalle larve, risulta letale per i bruchi. Una seconda tecnica consiste nell’uso di trappole verso la farfalla maschio: vengono usati dei feromoni delle farfalle femmine che attirano gli esemplari all’interno dove vengono intrappolati. In tal modo si va a bloccare la riproduzione dell’insetto stesso. Infine, si possono usare larvicidi e insetticidi chimici di vario tipo spruzzati sulle larve, che però occorre poi smaltire per evitare che i peli possano entrare in contatto con uomo o animali, essendo dannosi anche dopo la morte dell’animale.