Bologna, 6 aprile 2021 – Gli esperti lo chiamano long Covid e, nonostante gli studi in materia siano, giocoforza, agli inizi, il consiglio unanime è di non azzardarsi a sottovalutarlo. Si tratta, nello specifico, di quel vasto spettro di disturbi di natura fisica e psicologica che possono manifestarsi a medio e lungo termine nei soggetti infettati e poi guariti dal Coronavirus, da inquadrare come segnali di latenza di quella polmonite interstiziale che ne rappresenta uno dei sintomi più gravi.
E a soffrirne, tra cefalee persistenti, mancanza dell'olfatto, vuoti di memoria, insonnia, stanchezza cronica e dolori muscolari, sarebbero all'incirca 3 ex pazienti su 4 colpiti tra quelli colpiti da infezioni di media e seria gravità. A distanza di anche 6 mesi dal primo ricovero.
Questo, accanto alla segnalazione di un'incidenza di depressioni e disturbi ansiogeni in un quarto dei casi censiti, è quanto messo nero su bianco da una recente ricerca degli Spedali Civili di Brescia, effettuata su un campione di 165 individui.
Tra le sintomatologie insorte con più frequenza nei mesi successivi alla fase più acuta, detto che l'immunità dei soggetti infettati, nella grande maggioranza dei casi, si protrae fino a 12 mesi, vi sono, dunque, la stanchezza cronica (34%), i disturbi di memoria e di concentrazione (32%), i disturbi del sonno (31%), i dolori muscolari (30%) e i disturbi della vista e la sensazione della testa vuota (20%), sommati spesso a emicranie.
Numeri, questi, confermati, come riporta la Fondazione Veronesi, anche da un'indagine clinica svolta l'estate scorsa a Wuhan, proprio su quelli che, sei mesi prima, erano stati i primi contagiati in assoluto.
Un altro studio, condotto questa volta a Bergamo su 1.760 pazienti già dimessi, evidenzia invece come esista anche la possibilità di andare incontro a complicanze ancora più severe, di tipo neurologico, registrate nell'8% del campione. Principalmente, si è trattato di ictus ischemici, manifestatisi anche in pazienti che non avevano avuto complicanze neurologiche nel momento più acuto del decorso.
Post Covid: cosa fare
Paolo Bassi, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, consiglia di "fare vita sana, muoversi. La sindrome invoglia a chiudersi in casa, diventare sedentari. E invece bisogna cercare di fare cose, uscire e muoversi, ovviamente entro i limiti di ciò che le regole anticontagio consentono di fare".
L’altro tema del ‘post Covid’ riguarda le persone che hanno vissuto la malattia nelle sue forme più gravi, che sono state ricoverate e sono andate in Terapia intensiva: "Il recupero chiaramente è proporzionato alla pesantezza e all’intensità della malattia – prosegue Bassi – ma va detto anche che più la malattia è stata più pesante e più si è immuni, perché sono presenti più anticorpi. Per quanto riguarda le conseguenze sui polmoni dei malati gravi, è ancora presto per dire come si comporta la malattia. In alcuni casi può rimanere qualche cicatrice, ma mai tale da determinare riduzioni significative della funzionalità respiratoria. Nella maggior parte dei casi, comunque, anche qui vediamo un ritorno completo alla funzionalità originaria".
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