“Mio figlio è stato fatto fuori dai potenti perché oscurava troppo l’intero mondo dello sport ed era diventato un personaggio che attirava su di sé tutte le attenzioni e anche tutti gli interessi”. In questi termini papà Paolo Pantani commenta con tanta amarezza la ricorrenza dei vent’anni della morte del figlio campione.
“Marco si è subito distinto per essere un grandissimo scalatore e sin dal suo esordio nei professionisti è riuscito a centrare importanti vittorie al Giro d’Italia, facendo impazzire di gioia tantissimi tifosi, che lo hanno sempre seguito. Con il passaggio alla squadra della Mercatone ha dimostrato di essere il numero uno, tant’è che nel 1998 ha vinto tutto ciò che c’era da vincere, aggiudicandosi una storica doppietta al Giro d’Italia e al Tour de France”.
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L’apice del successo è stato il Pantani Day organizzato sul lungomare di Cesenatico proprio per festeggiare queste vittorie: “Quella estate è successo di tutto, perché siamo stati letteralmente assaliti dalla passione di tantissimi tifosi e dai giornalisti provenienti da tutta Italia e anche dall’estero. Vedere più di 50mila persone sul lungomare di Cesenatico è stato qualcosa di eccezionale, Marco era diventato lo sportivo più famoso del mondo.
Secondo papà Paolo proprio la grande fama raggiunta dal figlio campione e gli interessi che ruotavano attorno, sono stati l’elemento scatenante di tanti nemici contro Pantani: “Marco con le sue vittorie e i tifosi che lo seguivano sempre, era anche al centro degli interessi economici. Il giro delle scommesse sul calcio e la Formula Uno era sensibilmente diminuito, si parlava di 1,2 miliardi di lire in meno nel calcio e 800 milioni di lire in meno nella Formula Uno, mentre tanti scommettevano sul ciclismo e su Pantani. Persino la criminalità organizzata ci stava rimettendo con le vittorie di Marco, così nel 1999 lo hanno fatto fuori scambiando le provette all’antidoping e nessuno si è mosso per difenderlo da questa immensa ingiustizia”.
Fra le persone che non hanno aiutato Marco Pantani in quei giorni successivi al complotto del 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, secondo il padre del campione ci sono coloro che dovevano invece sostenerlo: “L’ematocrito alto significa un’alta concentrazione di cellule del sangue, ma se come è stato detto, le provette del sangue di Marco sono state tenute sulle bocchette del riscaldamento dell’auto che le trasportava, è normale che il test sia venuto alterato. A conferma è l’esame fatto subito dopo da Marco in un laboratorio analisi riconosciuto dalla Federazione ciclistica, dove tutti i valori risultavano regolari. Non si comprende perché nessuno del mondo del ciclismo sia intervenuto quel giorno per tutelare un campione che era stato chiaramente raggirato e distrutto per interessi economici”.
Paolo Pantani non ha pace, ma vuole ricordare il figlio per i suoi valori: “Marco l’hanno ucciso due volte, a Madonna di Campiglio nel 1999 e a Rimini nel 2004. È stato un grande campione e soprattutto è stato un grande uomo e una persona onesta e buona. Il dispiacere più grande è che avrebbe potuto vincere ancora tanto ed essere oggi qui con noi”.