Cesena, 2 febbraio 2022 - Non sempre tutto finisce con le dimissioni dall’ospedale. È ben nota ormai quella gamma di conseguenze debilitanti che colpisce chi ha subito duramente gli effetti dell’infezione da Covid-19 e, sorprendentemente, anche alcuni contagiati che se la sono cavata apparentemente senza gravi disturbi. Il virus se n’è andato ma i suoi strascichi rimangono anche fino ad un anno dopo.
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È una specie di continuazione della malattia, il cosiddetto long Covid. "Fortunatamente non ci sono casi di pazienti Covid che una volta dimessi siano tornati nel nostro reparto – evidenzia il dottor Luca Montaguti, responsabile della Medicina Interna del Bufalini –, ma continua nel nostro servizio di Pneumologia l’attenzione e la disponibilità alle visite di controllo per chi ha dovuto affrontare una polmonite grave. Sui 1.600 che sono stati ricoverati in questi due anni sono una minoranza, ma rappresentano una realtà con cui fare i conti. Per loro c’è un ambulatorio dedicato".
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Il quadro attuale lo traccia la dottoressa Elisa Paolucci, direttrice del servizio di Pneumologia: "I pazienti che seguiamo hanno problemi di insufficienza respiratoria, ma ciò di cui ci siamo resi conto è che l’ospedalizzazione ha avuto su di loro ripercussioni psicologiche molto pesanti. Nel dettaglio: "Hanno attacchi di panico – chiarisce la dottoressa Paolucci –, e continuano a vivere in modo traumatico l’esperienza passata. La visita pneumologia non è soltanto organica, esaminiamo lo stato dei polmoni ma ascoltiamo anche il paziente. In molti casi, soprattutto nel corso della prima ondata, sono stati allettati per qualche settimana e hanno avuto necessità di recuperare tutte le funzioni. Alcuni hanno subìto anche un’evoluzione fibrotica del polmone e problemi vascolari importanti che hanno richiesto mesi di terapia. Spesso lamentano batticuore, anche in presenza di una maggiore difficoltà legata al respiro".
"Nel nostro servizio – continua la dottoressa Paolucci – siamo impegnati a monitorare chi continua ad avere disturbi di tipo respiratorio anche dopo la negativizzazione e ho notato, sulla base di una sensazione che non può ancora essere statistica, poiché la quarta ondata è ancora in corso, che nei casi più recenti il coinvolgimento polmonare è meno pesante. Nei mesi passati sui pazienti con gravi conseguenze polmonari interstiziali la risoluzione della patologia richiedeva più tempo".
Un impegno che ha portato ad un controllo, sui primi 200 pazienti dimessi, per studiare l’evoluzione della malattia. "Il 5 per cento di questi pazienti – aggiunge la dottoressa Paolucci – ha mostrato la necessità di essere seguito fino a sei mesi successivi alle dimissioni. Di questi almeno l’1 per cento è rimasto segnato dallo sviluppo di una fibrosi polmonare ma l’impressione è che i pazienti attuali abbiano un recupero più rapido e migliore di quelli della prima ondata. Non sappiamo tuttavia se ciò sia condizionato dal vaccino. Noi ci limitiamo ad esaminare il paziente e la sua condizione al momento della visita".
"In ogni caso - conclude la dottoressa Paolucci - li seguiamo fino a che ci sarà la necessità, un anno e anche oltre. Ormai ci sono familiari e teniamo ad accudirli e tutelarli nella guarigione e nella loro emotività"