Modena, 17 marzo 2022 - Sono state individuate alcune varianti del genoma umano che hanno un ruolo nella progressione clinica della sindrome Covid-19, causata dall‘infezione da Sars-Cov2, nelle sue forme più gravi. È il risultato di un maxi studio frutto del lavoro di centinaia di ricercatori provenienti da 547 istituzioni di tutto il mondo e pubblicato sulla rivista Nature. La forma critica di Covid-19 è causata da un danno polmonare infiammatorio immuno-mediato. I ricercatori non sanno ancora perché in alcuni pazienti il decorso della malattia sia estremamente grave, mentre in altri del tutto asintomatico.
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Per capire l‘importanza del background genetico dell‘ospite, e come questo possa influenzare l‘ospedalizzazione e il ricovero in terapia intensiva a seguito dell‘infezione da Sars-Cov2, circa un anno fa è partito in tutto il mondo uno studio chiamato Genomicc che confronta i genomi di pazienti critici con controlli sani, al fine di trovare i meccanismi patologici sottostanti. I ricercatori hanno sequenziato l‘intero genoma di 7.491 casi critici rispetto a 48.400 controlli e hanno identificato 23 varianti indipendenti che predispongono in modo significativo a Covid-19 critico. "Tra le varianti di importanza ci sono geni responsabili della prima risposta dell‘ospite contro il virus, cioè quella legata all‘immunità innata, che avviene prima della produzione di anticorpi" spiega Andrea Cossarizza di Unimore, tra gli scienziati coinvolti nello studio insieme ad altri due colleghi modenesi, Cristina Mussini e Massimo Girardis.
"Alcuni di questi geni – aggiunge Cossarizza – sono coinvolti nelle vie di segnalazione dell‘interferone, un altro nel differenziamento dei globuli bianchi e uno in un tipo di antigene della famiglia dei gruppi sanguigni". Conoscere questi meccanismi, sottolinea, fa fare "passi in avanti nella battaglia" contro la malattia. Ma "è fondamentale continuare a difenderci con la vaccinazione e con le protezioni individuali".
Sulla nuova variante ’Omicron 3’ che si sta via via diffondendo anche nel nostro Paese l’immunologo Cossarizza sottolinea che "nella maggior parte dei casi, grazie al fatto che la stragrande maggioranza delle persone sono vaccinate, i sintomi più comuni sono fortunatamente i più leggeri tra quelli che abbiamo imparato a conoscere finora". Per questi motivi "i tassi di ospedalizzazione sono oggi calati, ma nelle persone non vaccinate il decorso rimane, invece, imprevedibile e compreso nello spettro ormai classico: malattia anche molto grave, moderata, lieve o anche infezione asintomatica, come abbiamo già visto in passato, prima dell’arrivo dei vaccini". Ci sono numerosi casi di persone che sono state reinfettate a distanza di tempo, e questo significa che dobbiamo tenere comunque alta la guardia. Quello che però abbiamo già imparato è che la risposta immunitaria è estremamente efficace nel bloccare l’insorgenza della malattia severa".