Cesena, 30 dicembre 2021 - Uno tsunami di tamponi da processare. Conseguenza a catena del ricorso delle migliaia di persone che vogliono verificare con l’esame orofaringeo se l’ospite indesiderato sta facendo tappa nel loro organismo. È quello che si abbatte in questi giorni sull’Unità di Microbiologia del Laboratorio Unico di Pievesestina di Cesena diretta dal professor Vittorio Sambri, dove ogni giorno si lavora senza sosta per stanare il Covid-19 e le sue mutazioni.
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Professor Sambri, quanto pesa sul vostro lavoro l’enorme richiesta di tamponi di questi giorni? "Siamo in affanno. Il limite massimo di produttività del laboratorio è di 7.300 tamponi nelle 24 ore, negli ultimi dieci giorni siamo andati oltre gli 8 mila, qualche giorno fa siamo arrivati a 11.700". Quali soluzioni si stanno ipotizzando? "Attuare convenzioni con un laboratorio privato perché ce ne scarichi almeno 2.500. Ce ne resterebbero comunque 9 mila. Altre soluzioni sono in itinere, tra queste un adeguamento del laboratorio con il cambio di destinazione di alcuni spazi grazie ad un finanziamento regionale di 300 mila euro. Già oggi abbiamo un organico di 86 persone, non avremmo la possibilità ne di farcene stare di più né di acquistare altri macchinari". Quindi non è solo una questione di personale? "Abbiamo fatto una politica di investimenti in tecnologie e persone che ci hanno consentito molto, ma non oltre i limiti. E non ci sono solo i prelievi del Covid da processare, in tutto arriviamo a 17 mila campioni al giorno. La nostra struttura è la più grande d’Italia. Consideriamo che lo Spallanzani di Roma non arriva a 4 mila, il S.Orsola a 3.800, il Maggiore a 2.500". Gli addetti fanno turni regolari? "Ci sono persone che dormono cinque ore per notte, sono sempre qui. Sono saltati tutti i ruoli. Anche i dirigenti si mettono sotto cappa a stampare risultati insieme ai tecnici. E poi c’è tutto il problema a monte dei colleghi che effettuano i prelievi ai drive through , che sono travolti. Infilano tamponi tutto il giorno e non ce la fanno più". Quanto pesa oggi in Romagna la variante Omicron? "Il 12 per cento, contro il 16,5 dell’Emilia-Romagna, ed ha evidenze non severe, ma solo nei vaccinati". Reggerà, secondo lei, il sistema della tracciabilità dei contagi? "No, così non può reggere. Al di là delle difficoltà del nostro laboratorio, peraltro superabili, i risultati che emergono sui 1.600 nuovi casi al giorno della Romagna non possono essere gestiti se non in tempi lunghi. Se la sanità pubblica oltre all’attività ordinaria è occupata a fare tamponi gestire i risultati, notificare le positività e le quarantene in tempi utili è impossibile. La sensazione è che il tracciamento sia alle corde". Bisogna cambiare le regole? "Occorre uscire dalle formule emergenziali e gestire la situazione come se fosse routine. In questa situazione finisce che la gente non comunica più i sintomi, non rivela di avere il Covid. Lo dice solo se deve andare al veglione di fine anno". Non è che la crescita esponenziale dei nuovi casi è legata al ricorso massiccio al tamponi? "Abbiamo fatto il confronto con gli stessi giorni dell’anno passato in cui i tamponi sono stati un terzo rispetto ad oggi. Il risultato è che quest’anno ci sono meno casi in assoluto mentre la percentuale è rimasta la stessa, ossia il 12,5 di positività. Quello che cambia in maniera sostanziale è il crollo della terapia intensiva e dei decessi". C’è chi dice che il vaccino sul fronte della diffusione del virus è stato un fallimento. "Non è assolutamente vero. Il vaccino non è stato pensato per impedire l’infezione ma per arginare la malattia. E in questo senso funziona benissimo". Sapete se il materiale genetico che processate appartiene ad un vaccinato o no? "La legge ce lo impedisce. Ma si tratta di un’idiozia assoluta".
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