Piacenza, 31 ottobre 2024 – Dai primi accertamenti medico legali sul corpo di Aurora, la 13enne morta dopo essere precipitata da un edificio lo scorso 25 ottobre, sarebbero emersi segni sulle mani, compatibili con i colpi che il fidanzato le ha dato quando lei si è aggrappata alla ringhiera, nel disperato tentativo di salvarsi. Mentre non risulta che il ragazzo abbia utilizzato il cacciavite che aveva con sé per aggredirla.
È questo uno degli elementi, sommato alle testimonianze, che hanno portato gli investigatori, Procura per i minori e carabinieri, a convincersi della responsabilità del fidanzatino 15enne, fermato lunedì per omicidio con l'accusa di aver spinto la ragazza giù dal palazzo dove lei viveva.
Tra l’altro oggi è anche arrivata la convalida del fermo del 15enne, così com’è stata confermata la misura cautelare: il ragazzino resterà al carcere minorile del Pratello a Bologna, dove si trova da lunedì.
L’udienza di convalida si è tenuta oggi, e a esprimersi sono stati i giudici del Tribunale per i minorenni di Bologna. Ad accusare il 15enne del delitto sono i carabinieri e la procura di Piacenza. Il difensore, Ettore Maini, ha dichiarato che il suo assistito “ha risposto alle domande”, ma non ha aggiunto altri dettagli. Non ci sono quindi informazioni riguardo al contenuto di tali dichiarazioni.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il giovane avrebbe spinto Aurora giù dal balcone, infierendo con le mani mentre era appesa nel vuoto proprio per farla precipitare. La ragazza aveva cercato di difendersi, ancorandosi alla ringhiera, ma è stato inutile. Dall’autopsia, è stato rilevato un esteso trauma cranico dovuto alla caduta. Alla terribile scena avrebbe assistito, secondo fonti investigative, un non meglio precisato testimone chiave: è grazie a lui che è stato disposto il fermo per il 15enne, che era prima indagato a piede libero.
Preziosa anche la testimonianza di una conoscente di Aurora, che ha raccontato agli inquirenti che la 13enne era stata precedentemente picchiata dal fidanzato alla fermata del bus. A rafforzare la dichiarazione ci sarebbe una foto scattata durante l’aggressione: un triste presagio di violenze reiterate, che hanno raggiunto l’apice quel maledetto 25 ottobre.