Ancona, 15 ottobre 2022 - Spalato il fango restano le ferite. E paesi stremati. A un mese dall’alluvione il Misa serpeggia come una cicatrice sotto ponti malfermi (o crollati) tra cimiteri di alberi, legname e relitti. La conta dei danni è un rosario che sembra non debba finire mai, ma i soldi (5 milioni di euro) messi dal governo con lo stato di emergenza non sono ancora arrivati e basteranno sì e no a coprire un terzo di quello che piccoli Comuni con bilanci affamati hanno già speso in trenta giorni per dissotterrare da fango e melma strade, ponti e frazioni: quasi 8 milioni solo Senigallia, due Ostra, mezzo milione Cantiano, 300mila euro Barbara, più o meno il doppio Trecastelli e così via.
Sembra quasi banale di fronte a dodici vittime e all’abisso di dolore di famiglie e comunità spezzate (e chissà dove e quando il Nevola vorrà restituire Brunella Chiù, ancora dispersa), ma perché il destino dei sopravvissuti non sia quello di dimenticati persi nell’oblio dell’ennesima tragedia italiana servono risorse (tante) e in fretta, "altrimenti il rischio è che questi paesi muoiano davvero, di solitudine e spopolamento, e allora neanche i soldi serviranno più", avverte Alessandro Piccini, sindaco di Cantiano, nel Pesarese, dove tutto ebbe inizio con la piena del Burano quel maledetto giovedì 15 settembre.
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"L’attività del 70% delle nostre imprese (circa cinquanta), dalle botteghe alle piccole ditte artigiane, è stata pregiudicata – dice –. In questi mesi ci giochiamo il futuro e pensare che l’unica soluzione per questa gente sia un ulteriore indebitamento (linee di credito agevolato, ndr ) è pura fantascienza, chiuderanno tutti. Bisogna immettere liquidità nel tessuto socio-economico, ci vogliono ristori (anche parziali) a fondo perduto, e subito". A Cantiano solo la rete idrica ha danni per 12 milioni, non c’è un chilometro di strade comunali integro, un ponte è crollato, la viabilità di accesso al massiccio del Catria non esiste più e il Comune ha già censito novantasei frane.
La portata del disastro è tutta qui, nelle voci di sindaci che contano i giorni e ammucchiano spese da far saltare i bilanci. "Per la somma urgenza abbiamo speso 300mila euro e le ditte dovranno essere pagate – dice Riccardo Pasqualini di Barbara –. I danni? Li stiamo ancora calcolando, solo per le nostre aziende saremo sui tre milioni, ma abbiamo anche tre ponti inagibili sui quali dovrà intervenire l’Anas, mentre uno sulla strada provinciale è stato riaperto a senso unico alternato. Sui campi e lungo i fiumi ci sono montagne di legname, serve subito l’ordinanza che autorizzi i privati alla rimozione".
E Federica Fanesi, sindaco di Ostra: "Ci sono ancora rifiuti da portare via, campi da pulire (è il periodo dell’aratura e della semina) e famiglie che continuano a chiedere interventi, ma non sappiamo ancora se e come lo possiamo fare, perché non siamo in grado di intervenire con le risorse del nostro bilancio". "I tempi della politica devono accorciarsi, bisogna correre – avverte –, non possiamo né dobbiamo far perdere speranza e fiducia alla nostra gente e alle imprese, sennò rischiamo che se ne vadano".
Il Comune ha chiesto un ponte militare in acciaio al posto di quello in via Pioli, al confine con Ostra Vetere, sbriciolato dalla furia del Misa: di là passava il traffico pesante. A Senigallia il ponte Garibaldi inagibile spezza in due la città, trecento famiglie sono fuori da case inagibili o insalubri (in hotel, da parenti o amici) e il sindaco Massimo Olivetti prova a tirare il fiato e mettere ordine nelle cose da fare: "La città era già pulita dopo quindici giorni grazie anche ai volontari e alle colonne della Protezione civile. Abbiamo inviato le domande per i contributi di autonoma sistemazione e iniziato la distribuzione del modello D1 per la richiesta di danni subìti dai privati".
I primi ristori per famiglie e imprese sono di cinque e 20mila euro, la Regione ha messo in bilancio 21,6 milioni per tre anni, sei in un fondo straordinario per il sostegno alla liquidità delle imprese e 15 per la manutenzione dei fiumi. La Procura di Ancona indaga per omicidio colposo plurimo e inondazione colposa e la Regione ha istituto una commissione di indagine interna per capire se e cosa non ha funzionato nelle procedure di allertamento della popolazione. Ma i sindaci sono preoccupati e vogliono un meccanismo di allerta che riesca a garantire la popolazione e salvare vite anche di fronte a eventi estremi e imprevedibili.
"L’idrometro di Bettolelle non basta – osserva ancora il sindaco Olivetti –. Se quella sera non ci fossimo mossi da soli, sarebbe stato molto peggio". Sul piatto ci sono due proposte: un sistema di allertamento telematico agganciato a una rete di sensori e alle celle telefoniche, che invii messaggi visivi e sonori ai cellulari, o le sirene come avviene in Giappone per gli tsunami. "Alla popolazione dobbiamo dare una certezza: di essere al sicuro". Spalato il fango ci sono vite da ricostruire.