Bologna, 22 maggio 2023 – Un secondo Piano Marshall. Non è un caso che qui, nelle terre d’Emilia-Romagna devastate dall’alluvione, passasse la Linea Gotica. Oggi, come nel Dopoguerra, lo scenario dei danni – non quello delle perdite umane, s’intende – è post bellico. La ricostruzione è una sfida immane e sarà divisa in numerosi step. Con tempi, finali, ben superiori a quelli serviti per scacciare le ferite del sisma del 2012. Centri storici graffiati, strade distrutte, colline che non hanno più un volto, fiumi da ridisegnare. Maggio 2023 segna un crepaccio nella storia emiliano-romagnola dagli appennini al mare. E le case? Beh, le case sono violentate, aggredite, sono il primo problema per riportare la situazione alla normalità.
La diretta dell’alluvione lunedì 22 maggio
L’ultimo sfregio? Il fango che si secca e rischia di trasformarsi in cemento. Una tomba su ricordi, soldi, beni, vite. "C’è gente che ha perso tutto in casa e nella propria impresa, quindi come fu per il terremoto, avremo bisogno di rimborsi al 100%", è lapidario il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. Ieri l’Emilia-Romagna, insieme con le forze economiche e sociali, ha redatto il documento che sarà consegnato al Governo domani. Fra le richieste, la nomina del Commissario straordinario per la ricostruzione, l’accesso alle risorse del Fondo di solidarietà dell’Unione europea, un piano di ristori economici e contributi anche a favore della delocalizzazione temporanea delle attività danneggiate. Ecco gli scenari possibili.
I danni
Sono stati stimati, in prima istanza, in 4-5 miliardi di euro. Ma per molti osservatori la stima è al ribasso. Solo l’impatto della ricostruzione delle strade avrà un peso specifico tipo mercurio. La conta potrebbe raddoppiare fino a 8 miliardi, anche se ora è tutto molto prematuro.
Il commissario
La Regione Emilia-Romagna è in pressing su Roma e vorrebbe, "in piena continuità con la gestione dell’emergenza" anche la costituzione di un "Comitato Istituzionale e di indirizzo" e di una "struttura tecnica dedicata, sulla base dell’esperienza maturata a seguito del terremoto del 2012". Inutile dire che molti pensino alla figura di Stefano Bonaccini, ma, visto che nel decreto del Governo sarà inserita anche la Regione Marche (che ha avuto svariati danni nel Pesarese) si andrà con ogni probabilità verso una figura terza.
L’agenzia
Esiste una struttura ad hoc per la ricostruzione dopo il terremoto 2012, di fatto portata a termine. L’obiettivo è creare un’agenzia per la ricostruzione dopo l’alluvione: molti geologi e ingegneri potrebbero essere riconvertiti da una struttura all’altra, ma si guarda anche a esperti in difesa del suolo, conoscitori della montagna, strutturisti stradali. In questi giorni è cambiata per sempre la morfologia dei versanti della regione. Serviranno dunque energie anche da fuori Regione, si guarda soprattutto al Nord.
Le case
Sono il primo fronte su cui gli amministratori locali vogliono intervenire. Terminata la fase dell’emergenza, con lo svuotamento dal fango e la pulizia degli stabili, scatterà quella ispettiva e peritale, per capire quanti e quali edifici dovranno essere abbattuti, o sanati o saranno rimasti illesi. Ci sarà una fase delicata con il Governo per capire quali rimborsi potranno arrivare e come sarà gestita anche la fase delle eventuali demolizioni.
Le strade
Come ricorda la vicepresidente della Regione Irene Priolo, "qui non ci sono da sistemare i versanti, in alcuni luoghi i versanti non esistono proprio più, c’è un’altra morfologia". Le strade crollate non potranno essere ripristinate. In molte zone dell’Appennino, dal ravennate al bolognese, dovranno essere riprogettate. Ridisegnate. Un approccio completamente inedito.
Le frane
L’Appennino è distrutto ed è il vero fronte che comporterà anni di lavori. Il maltempo non ha solo azzannato il bacino idrografico. Ha cambiato la morfologia rispetto alle frane già cartografate: si sono evidenziati smottamenti che non sono né tra quelli attivi né tra quelli quiescenti. Questo richiede dunque competenze importanti e una nuova mappatura del territorio. Difficile e costoso. Un esempio per capire la complessità delle azioni da mettere in campo. A Modigliana, paesino del forlivese aggredito da 100 frane, l’altitudine è di 185 metri d’altezza: lo scenario è particolare perché non si tratta della ’classica’ frana di montagna. Dunque servirà un piano che tenga conto di altri elementi, in particolare quello idrico (in un territorio però dove non possono essere realizzate, per esempio, le tanto agognate casse di espansione).
Le ferrovie
Da oggi riaprono le linee ferroviarie fra Forlì e Rimini e fra Rimini e Ravenna, riducendo l’interruzione della Bologna-Rimini al tratto compreso fra Faenza e Forlì. L’obiettivo è riaprire interamente la linea prima del ponte del 2 giugno. Ancora difficile fare previsioni di riapertura per le linee Faenza-Ravenna e Ferrara-Ravenna: i binari sono sott’acqua. Danni ingenti sono invece confermati fra Lugo e Russi e fra Lugo e Castelbolognese. La stima dei danni è di oltre 90 milioni di euro.
I tempi
Per la pianura, in particolare per le case, ci vorranno alcuni mesi: dopo il ripristino, ritorna quasi sempre l’umidità e serve un secondo intervento. Per le strade e per le frane serviranno anni per coprire l’intero territorio. Sarà delicatissima, dopo la fase iniziale emergenziale, quella di progettazione e programmazione.
L’agricoltura
Pesche, nettarine, kiwi, albicocche, susine: le radici degli alberi imbevute d’acqua rischiano di essere già marcite e le organizzazioni di settore calcolano una strage tra i 10 e i 15 milioni di alberi da estirpare e irrimediabilmente danneggiati. Addirittura per Confagricoltura Emilia-Romagna il bilancio potrebbe ulteriormente aggravarsi: per il presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, Carlo Carli, "i danni supereranno 1,5 miliardi soltanto su questo territorio". Secondo Coldiretti il raccolto rischia di essere compromesso per 4-5 anni.
Il lavoro
Inevitabile il ricorso agli ammortizzatori sociali per decine di migliaia di lavoratori. Nelle aree colpite dall’alluvione sono a rischio almeno 50mila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione. Un disastro.