Bologna, 20 novembr2 2024 – Come andare al proprio funerale per vedere l’effetto che fa. “Ci scioglieremo almeno altre due o tre volte, perché non abbiamo mai avuto tanto amore dalla gente come quando abbiamo detto basta” ammette Elio parlando del suo rapporto con gli Elio e le Storie Tese. Intanto il cantante dalle sopracciglia impossibili è protagonista di ‘Quando un musicista ride’, lo spettacolo con cui da venerdì a domenica torna a Bologna per omaggiare sul palcoscenico del Duse la Milano anni Sessanta del Derby, dei Gaber, degli Jannacci, degli Andreasi, dei Cochi e Renato, de I Gufi, dei Fo, ma anche di ’outsider’ come Clem Sacco.
Una collezione di ‘canzoni scanzonate’ a cui prestano la loro arte pure Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al contrabbasso, Matteo Zecchi al sax e Giulio Tullio al trombone. Tutti portatori (sani) di un linguaggio “che gode delle gioie della lingua e del pensiero, sberleffo libertario, ludica aggressione alla noia, sovversione del senso comune”, come lo definisce il regista Giorgio Gallione, che per echeggiare quei tempi in cui ci si divertiva ad essere ’comicamente seri’ si avvale delle scenografie di Lorenza Gioberti, dei costumi di Elisabetta Menzani, delle luci di Andrea Violato.
Gli arrangiamenti musicali sono, invece, di Paolo Silvestri, già al fianco della coppia Bellisari-Gallione ne ‘Il grigio’ e in ‘Ci vuole orecchio’. Dal Duse lo spettacolo passa l’8 dicembre all’Alighieri di Ravenna, il 10 al Rossini di Civitanova Marche, il 19 al Comunale di Ferrara. E poi ancora il 27 febbraio al Bonci di Cesena, dal 28 al 2 marzo al Valli di Reggio Emilia, dal 20 al 23 marzo al Rossini di Pesaro. “Abbiamo scelto tutte canzoni bizzarre, non proprio, quindi un hit-parade di quegli anni – precisa il regista –. Cose validissime che, magari, non hanno bucato il mondo del pop proprio per la loro stranezza”.
Finita l’avventura di ‘Ci vuole orecchio’ ne inizia subito un’altra.
“Faccio solo cose che piacciono a me – risponde Elio –. E fortuna vuole che quel che piace a me spesso piaccia anche a molta altra gente. Con Giorgio è la quinta volta che collaboriamo. La prima è stata con un musical (‘La famiglia Addams’ - ndr) perché m’incuriosiva capire come funzionava. Pensavo che di ‘Ci vuole orecchio’ avremmo fatto 30-40 repliche. E invece è andata avanti per tre anni e alla fine abbiamo deciso di interromperlo noi perché se no sarebbe andato avanti ancora per chissà quanto tempo. Insomma, un’eutanasia. Nella mia testa ‘Quando un musicista ride’ è la seconda parte di ‘Ci vuole orecchio’. E non nascondo che mi piace fare questo spettacolo in un periodo in cui l’offerta artistica sembra giunta al limite più basso della storia dell’umanità. Credo che l’ultima idea artistica originale nata in Italia sia il Futurismo, cento anni fa”.
Perché?
“Perché sono convinto che nel Medio Evo ci fosse musica migliore di quella che ascoltiamo oggi. E siccome ho letto che Mendelssohn contribuì a far sì che Bach venisse riascoltato dal pubblico del suo tempo, mi piacerebbe essere oggi il Mendelssohn di Jannacci e quel mondo lì”.
Dopo Gaber e Jannacci, c’era l’idea di fare pure uno spettacolo su Fo.
“L’idea è ancora in piedi, con Giorgio avevamo carezzato pure quella di farne uno tutto su Cochi e Renato. Poi, parlandone, abbiamo optato per questa formula qua”.
Contenuti musicali?
“Abbiamo allargato il cerchio mantenendo Jannacci al centro. C’è ancora qualcosa di lui rimasta fuori dal primo spettacolo e tanto d’altro sempre legata al mondo milanocentrico degli anni Sessanta-Settanta. Un periodo aureo, visto da qui, di cui al tempo non ci rendevamo neppure tanto conto”.
“Se tra i frequentatori del Derby c’erano pure Umberto Eco o Marcello Marchesi –interviene Gallione – si capisce perché fosse un incubatore così importante. Abbiamo scelto una quindicina di canzoni, legate dalla formula del teatro canzone con testi provenienti da quel mondo lì o ispirati a quel tipo di comicità surreale, capaci di dimostrare che anche nel repertorio ‘minore’ o ‘misconosciuto’ c’erano tanti gioielli”.
Qualche esempio?
Gallione: “Per restare nel territorio Jannacci, ‘Un foruncolo’, ad esempio, ma anche ‘Ho soffrito per te’ o ‘Il primo furto non si scorda mai’. Insomma, un percorso laterale rispetto a cose ben più conosciute come ‘Messico e nuvole’ o ‘Vengo anch’io’. Ci sono pure ‘Benzina e cerini’ di Gaber, ‘Vorrei tanto suicidarmi’ de I Gufi e un mix di Clem Sacco con ‘Il deficiente (papà voglio un quarto di leone)’ e ‘Oh mama, voglio l’uovo alla coque’, alcune sincopate, alcune intere, altre giocose. Insomma, penso sarà divertente riascoltare brani non proprio consumatissimi a quell’epoca”.