La sindrome del Sol Levante ci rivelò quanto vale il rombo del motore. Anni fa durante un viaggio in Giappone con altri giornalisti incontrammo in una serata istituzionale alcuni manager dei tour operator che lavorano con l’Italia. Per caso alcuni di noi, compreso il sottoscritto, avevano sulla giacca una spilletta con il cavallino della Ferrari. Cosa più o meno normale per chi abita e lavora in Emilia Romagna.
Fu un brivido improvviso. Uno dei giapponesi, composto ed educatissimo, chiese, seguito dagli altri, come poter avere un ‘gioiello’ del genere. In due regalammo le spille, un altro collega si ricordò di tenere in valigia un portachiavi, un altro ancora un orologio da pochi euro ma comprato nel negozio Ferrari a Maranello. Regalammo tutto. E fu una pioggia di inchini a mani giunte, di ringraziamenti incomprensibili dal punto di vista linguistico, ma chiarissimi nei gesti di riconoscenza.
Conquistammo il Giappone con un Cavallino rampante. Una piccola, ma vera, favola. Giusto per far capire che tesoro custodiamo da queste parti, in un forziere a cielo aperto che va dalla Romagna dei fenomeni in moto, all’Emilia dei grandi marchi automobilistici, al ritorno della Formula uno a Imola, ai musei privati, ai campioni del manubrio e del volante, alla ricerca universitaria vocata all’automotive che trova, soprattutto a Modena, la sua culla nella facoltà di ingegneria.
Storia e brivido delle quattro ruote, vite fantastiche della velocità, miti e leggende che galleggiano intorno al numero uno: Enzo Ferrari, il Drake. Un Grande slam nella Motor Valley che il mondo ci invidia. Dunque non solo terra del mito e delle corse, ma terra dove i motori sono anche affari, posti di lavoro, sviluppo industriale. Ecco perchè ora americani e cinesi, nemici sullo scacchiere mondiale, qui, fra Modena e Bologna, diventano amiconi e insieme investono un miliardo per costruire auto elettriche.
Tutto ciò ha una potenzialità turistica da Gran premio, ad oggi non sfruttata fino in fondo. Si può fare meglio. Motor Valley, l’America è qui.