Macerata, 8 febbraio 2019 – Avrebbe convinto il padre ad avere rapporti sessuali solo con lei, nel tentativo di risparmiarli alla sorella più piccola, avrebbe subito minacce e maltrattamenti, sarebbe stata costretta ad abortire per tre volte con le medicine che il padre si faceva mandare dal Pakistan con il corriere, avrebbe rinunciato ad andare a scuola, ritagliandosi una specie di ruolo di moglie e madre in quella vita nella quale non sapeva trovare una via d’uscita.
Questo avrebbe subito in casa Azka Riaz, la 19enne morta il 24 febbraio 2018 a Trodica di Morrovalle, secondo la procura, che martedì chiamerà in tribunale suo padre, Muhammad Riaz, per rispondere dei reati di violenza sessuale, maltrattamenti e omicidio preterintenzionale. L’uomo, attualmente detenuto a Modena, sarà difeso dall’avvocato Laganà, mentre gli altri tre figli dell’imputato, per i quali è stato nominato tutore l’avvocato Francesca Forani, si costituiranno parti civili con l’avvocato Paolo Carnevali. I tre oggi vivono in un posto sicuro e lontano.
Quando arrivarono i soccorsi per Azka (foto), la sera del 24 febbraio, venne fuori che di lì a qualche giorno la ragazza e i fratelli avrebbero dovuto essere sentiti in tribunale nel procedimento aperto a carico del padre, accusato di maltrattamenti. Ma come era venuta fuori quell’accusa? «I quattro figli – risponde l’avvocato Carnevali – non avevano parlato con nessuno. Ma i piccoli andavano male a scuola, erano stati bocciati e avevano il sostegno, e questo aveva già attirato l’attenzione dei servizi. Il 17 aprile del 2017 poi il padre avrebbe litigato con la sorella di Azka e l’avrebbe ferita al braccio con un coltello. Poi se ne era andato, e lei aveva chiamato il 118; vedendo quella ferita, i medici avevano dato l’allarme ed era partito il procedimento».
I bambini erano stati allontanati. Perché Azka era rimasta con il padre? «Era maggiorenne e poteva decidere. Probabilmente ha avuto paura, non sapendo dove andare. Del resto aveva parlato con altri familiari, e nessuno aveva fatto nulla per lei e i suoi fratelli».
La madre in Pakistan sapeva cosa accadeva? «Risulta che Azka passasse molto tempo parlando con la madre via Skype. A quanto sembra, la madre diceva ai figli che sarebbe arrivata lei e avrebbe rimesso le cose a posto. Del resto, il padre minacciava di divorziare se i figli non gli obbedivano, e alla sorella minore di Azka avevano combinato un matrimonio quando aveva 9 anni, in Pakistan, con un 45enne; la bambina era scappata, e quando era tornata a casa l’avevano picchiata. Le ragazze non avevano speranza di essere aiutate da qualcuno».
Quando sarebbero iniziati gli abusi sulle due sorelle? «In Pakistan, da piccole».
Quando è stato sentito, il padre come si è difeso? «Sull’omicidio ha negato. Sul resto, ha detto di non ricordare perché beveva molto, e quindi avrebbe avuto dei ricordi confusi. I bambini però hanno confermato tutti; anche i piccoli se ne erano accorti, uno aveva sentito le minacce ad Azka se si rifiutava di avere rapporti, un altro li aveva visti dal buco della serratura, anche se le ragazze chiudevano la porta per cercare di non farsi scoprire».
Come stanno i tre figli? «La sorella di Azka – risponde la criminologa Margherita Carlini, che affianca il legale – ha da sempre problemi di autolesionismo. Tempo fa, quando aveva saputo che il padre stava rientrando per cacciare di casa due loro amici, lei aveva bevuto lo shampoo ed era stata ricoverata in ospedale. Altre volte aveva attacchi di panico, sveniva. Dei due maschi più piccoli, uno è molto chiuso, non parla, ma entrambi avevano già problemi a scuola, parlano ancora male l’italiano. Azka diceva al padre che le aveva rovinato la vita, voleva fuggire, sperava di poterlo fare con il ragazzo che aveva conosciuto su Facebook. Negli ultimi giorni prima di morire aveva iniziato a ribellarsi, forse sperava davvero di poter fuggire da quell’incubo».