CHIARA MARINELLI
Cronaca

"Quadro rubato e taroccato". Chiusa l’inchiesta su Sgarbi

Il dipinto del Seicento esposto dal critico d’arte: ora rischia fino a 12 anni. Pm verso richiesta di giudizio. Lui: "Accuse infondate, fiducia nei giudici".

"Quadro rubato e taroccato". Chiusa l’inchiesta su Sgarbi

A sinistra, parte della «Cattura di San Pietro», dipinto seicentesco del senese Rutilio Manetti; a destra, nel dipinto esposto da Sgarbi c’è una torcia sullo sfondo

La procura di Macerata ha chiuso le indagini nei confronti del critico d’arte Vittorio Sgarbi, indagato per riciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte e autoriciclaggio di beni culturali. Rischia una condanna da 4 a 12 anni. "I miei difensori, gli avvocati Alfonso Furgiuele e Giampaolo Cicconi, sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti oggetto delle contestazioni, che ritengo infondate" sono le parole del critico d’arte. Due i punti decisivi per le indagini relative al dipinto "La cattura di San Pietro", attribuita al pittore senese Rutilio Manetti, di proprietà del critico d’arte, risultato rubato da ignoti il 14 febbraio del 2013 in un castello di Buriasco, Torino, ai danni di un privato cittadino e poi esposto nella mostra "I Pittori della luce, da Caravaggio a Paolini", curata dallo stesso Sgarbi e allestita a Lucca presso l’ex Cavallerizza da dicembre 2021 a ottobre 2022. Il primo punto riguarda la perizia svolta sull’opera, dove risulta essere stata fatta una aggiunta, una fiaccola accesa, in alto a sinistra della tela, eseguita con pigmenti di produzione industriale. Il secondo punto è l’interrogatorio di Pasquale Frongia, pittore reggiano, al quale Sgarbi avrebbe commissionato la modifica al dipinto.

Le indagini condotte erano partite in seguito ad alcune dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale e poi confluite nel procedimento in questione, che hanno determinato l’apertura di un nuovo versante d’indagine riguardante l’opera che raffigura "La Cattura di San Pietro", ricevuta e restaurata dal libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi.

Da preliminari accertamenti, i carabinieri ipotizzavano che il dipinto potesse corrispondere a quello censito nella banca dati delle opere d’arte illecitamente sottratte. Determinante l’esito della perquisizione eseguita a carico del critico d’arte, nel corso della quale era stata rinvenuta l’opera del Manetti, e anche la sua copia in 3D. Erano stati sequestrati la cornice, il telaio e frammenti di tela, lasciati dagli autori del furto nel castello: elementi poi finiti sotto la lente di un consulente tecnico. L’opera, restaurata, risultava essere proprio quella rubata, sebbene il dipinto presentasse l’aggiunta di una torcia. Per l’accusa, l’operazione di aggiunta sarebbe stata commissionata direttamente da Sgarbi a Frongia, contraddicendo la versione fornita dal critico d’arte sulla provenienza del dipinto: un rinvenimento casuale nella soffitta della villa Maidalchina di Viterbo, acquistata dalla sua famiglia nel 2000.