Civitanova, 11 gennaio 2023 – Ripercorrendo l’istruttoria in aula, la corte d’assise motiva la condanna a 24 anni per il 33enne campano Filippo Ferlazzo, colpevole dell’omicidio volontario di Alika Ogorchukwu, 39enne nigeriano, commesso a Civitanova il 29 luglio 2022. Ma l’avvocato Roberta Bizzarri annuncia subito il ricorso in appello in difesa del campano, che intanto sta affrontando anche il processo per l’accusa di violenza sessuale. In quel caso, si tratta di un episodio che sarebbe avvenuto a novembre del 2018, sul treno Salerno-Napoli Ferlazzo avrebbe molestato una studentessa. Ieri l’udienza si è tenuta al tribunale di Napoli, con il quale l’imputato si è collegato via internet dal carcere di Fossombrone.
L’avvocato Bizzarri ha però chiesto un rinvio, fissato al 27 marzo, non avendo ancora potuto vedere nulla degli atti di questo procedimento. Sarà invece riesaminato in corte d’assise d’appello l’omicidio commesso in corso Umberto I. La corte di Macerata, composta dal presidente della sezione penale Roberto Evangelisti con a latere il giudice Federico Simonelli, ha sintetizzato in 47 pagine l’istruttoria. "Il decesso – conclude la corte, citando l’autopsia del medico legale Ilaria De Vitis, consulente del sostituto procuratore Claudio Rastrelli – è stato causato dall’asfissia".
Lo shock ipovolemico, cioè la massiccia perdita di sangue dovuta alla rottura della milza, non è stato una concausa del decesso. In ogni caso, anche la rottura della milza è dovuta all’aggressione. La corte respinge dunque le obiezioni della difesa che, con la consulenza del medico legale Alessia Romanelli, aveva ritenuto rilevante l’emorragia, e troppo generiche alcune valutazioni del consulente della procura. "Lo strozzamento è sintomatico del dolo diretto – proseguono i giudici –. L’imputato voleva dare dare una lezione ad Alika". Ecco perché è un omicidio volontario con dolo diretto, non preterintenzionale. Quanto alla salute mentale dell’imputato, la corte cita lo psichiatra Gianni Giuli e poi il professor Ariatti. Per il dottor Giuli Ferlazzo ha un disturbo borderline con tratti antisociali e narcisistici, "ma al momento del fatto non c’erano alterazioni dello stato di coscienza".
Secondo la professoressa Monia Vagni invece, consulente per la difesa, il disturbo bipolare associato all’abuso di stupefacenti avevano alimentato una "ideazione paranoica. Non era riuscito a fermarsi. Era impossibilitato a controllare le sue azioni e non aveva consapevolezza del proprio stato mentale". Infine il professor Renato Ariatti aveva escluso che Ferlazzo fosse incapace di intendere e di volere, pur parlando di "un significativo disturbo della personalità. L’aspetto disfunzionale della personalità lo aveva portato a sentire un bisogno di avere una spiegazione a fronte di un comportamento rispetto al quale sarebbe dovuto intervenire un filtro inibitorio delle pulsioni e una capacità di razionalizzare".
"L’eloquenza delle immagini – prosegue la corte – permette di affermare che Ferlazzo abbia cercato lo scontro con Alika per dargli una lezione, spropositata rispetto all’innocuo comportamento dell’elemosinante". I giudici hanno però concesso al 33enne le attenuanti generiche: "il disagio psichico ha contribuito ad alimentare il sentimento negativo che lo ha condotto a perseguire il proprio intento delittuoso". Da qui la condanna a 24 anni. Ma ora sulla vicenda ci sarà l’appello. "Continuo a non condividere i risultati dell’autopsia – spiega l’avvocato Bizzarri – né le conclusioni sulla capacità di intendere e di volere: se si dice che Ferlazzo aveva la necessità di chiarirsi con Alika, non si può parlare di volontarietà dell’omicidio". Il 33enne intanto in carcere ha iniziato a seguire dei corsi e a socializzare, dopo mesi trascorsi senza quasi alzarsi dal letto.