Civitanova Marche, 20 febbraio 2019 - L’edizione 2019 del Premio Carlo Gargioni, riconoscimento intitolato al talentuoso musicista maceratese scomparso nel 2008 e che mira anche a raccogliere fondi per l’Ail, vede il ritorno come ospite d’onore di Fabio Concato. L’artista milanese sarà il cuore delle finali che si terranno venerdì al teatro Rossini di Civitanova, a partire dalle 21, e che vedranno 12 concorrenti selezionati in gara. Prima, Concato incontrerà alle 17 in sala consiliare le scuole di musica, in un appuntamento aperto a tutta la cittadinanza. Come il concerto finale, ad ingresso libero (chiunque potrà liberamente fare un’offerta all’Ail).
Concato, lei è legato a questo territorio e a Gargioni da tante emozioni. Ricordi?
«Ce ne sono parecchi con Carlo e devo dire tutti molto belli e divertenti. Con lui mi sono fatto delle grandi suonate e sopratutto delle enormi risate. Oltre ad essere pianista e arrangiatore, viaggiavamo insieme, quindi praticamente in quegli anni convivevamo. La sua casa a Civitanova era tappa fissa sulla rotta adriatica e ho conosciuto tanti amici in città».
Questo premio è anche vetrina per i giovani. Che rapporto hanno con le sue canzoni, che sono ormai classici della musica italiana?
«Devo dire che ai miei concerti vedo anche giovani, e alla domanda ‘e tu cosa ci fai qui’, la risposta spesso è che la musica quando è buona è bella tutta. Una risposta che apprezzo sempre molto. O che mi conoscono perché mi hanno sentito da genitori o amici più grandi. Si ritorna al vecchio problema: i media si occupano troppo poco di far ascoltare le musiche. Non ce n’è una sola nel pianeta. Poi per problemi economici tutti i network sono allineati e passano gli stessi brani. Questo è triste».
Entrano sempre più in contatto con i reality show. La spaventano?
«No, semplicemente ne prendo atto. Anzi, a volte penso ‘per fortuna sono rimasti almeno quelli’. Senza di loro probabilmente alcuni artisti non avrebbero la possibilità di farsi conoscere. Il mondo della discografia si è ribaltato, non esistono più i talent scout e la tv sta facendo quello che dovrebbero fare i discografici se fossero ancora in una situazione di un certo tipo. Che non c’è più da anni. Sono cambiate tante cose, non si capisce quindi perché non sarebbe dovuto cambiare anche il mondo della musica».
In effetti pure Sanremo sta cambiando. Dove sta andando la musica italiana? Solo verso Trap?
«Anche nell’Hip Hop ci sono canzoni che per come sono scritte sono intelligenti. Vanno Bene. Ma non c’è la musica, che dovrebbe essere fatta di armonia e melodia. Il rischio è quello di appiattire tutto il panorama musicale. E la riprova è che spesso non riconosciamo un cantante alla radio. Questo forse è il limite del talent. Ci sono concorrenti bravissimi da un punto di vista tecnico e canoro, col piglio, ma non riesco a distinguerli. Non è solo un fatto di personalità che può mancare, quanto ciò che cantano, che è molto simile dal resto. Forse il problema vero è che mancano ora i grandi autori. Canzoni di Lucio Battisti, Pino Daniele, Luigi Tenco, le continueremo a sentire sempre. Perché i testi sono di un certo tipo e c’è anche la musica. Perché di musica si tratta».