La Corte di Cassazione ha scolpito in modo indelebile le responsabilità dell’Amministrazione comunale di Cesena nella vicenda di Laura Gennaretti, vice comandante della Polizia locale, dequalificata e sottoposta a mobbing nel 2011 e 2012, quando fu privata del ruolo di vice comandante (che aveva ottenuto per concorso col grado di commissario) e messa a capo dell’ufficio contravvenzioni, sottoposta di fatto non solo al comandante ma anche a un altro vigile che fu nominato coordinatore nonostante avesse una qualifica inferiore a quella di commissario.
Quel che appare decisamente stonato è che per arrivare alla parola fine di questa vicenda umana e giudiziaria sia stato necessario aspettare dodici anni durante i quali il Comune le ha tentate tutte pur di levarsi dai piedi un personaggio scomodo, contestando non solo le prese di posizione dei sindacati che si sono occupati della vicenda, ma anche (per ben tre volte) le decisioni dei giudici. Infatti l’Amministrazione comunale fece ricorso contro la sentenza di primo grado con la quale fu condannata nel 2014 dal giudice del lavoro di Forlì Francesco Cortesi, e prima che la causa fosse messa a ruolo chiese alla Corte d’appello di Bologna di sospendere l’esecutività del pagamento. La richiesta fu respinta, e nel 2016 la Corte d’appello respinse anche il ricorso del Comune contro la sentenza di primo grado.
Ora siamo arrivati all’epilogo, col ricorso definitivamente respinto dalla Corte di cassazione. I giudici romani hanno stabilito anche che al risarcimento per i danni materiali e personali subiti da Laura Gennaretti e agli oneri accessori (circa 200.000 euro in totale secondo i conteggi del sindacato Diccap-Sulpl) ci saranno da aggiungere circa 5.000 euro tra spese legali da corrispondere all’avvocato Stefano Spinelli (con studio in Piazza del Popolo), difensore della Gennaretti, e altri oneri accollati al Comune di Cesena.
Paolo Morelli