REDAZIONE CESENA

Tra preti e goliardi eran botte d’affetto

Bersaglio prediletto dei buontemponi ’mangiapreti’, i parroci romagnoli sapevano rispondere per le rime: uno a uno e palla al centro

di Gabriele Papi

Vecchi goliardi a Cesena, in una foto sorridente di ieri. In questi nostri giorni difficili, una risata non sconfiggerà il ‘virus boja’, ma sarà più salutare di certe ansie che danneggiano il corpo. Dobbiamo questa fotografia alla cortesia di uno dei goliardi cesenati degli anni ’50 e ’60, Piero Bettini, della stirpe dei Bettini librai, pezzo portante della cultura cesenate.

Nl gennaio 1986 fu una inaugurata una lapide (c’è ancora) sulle mura di viale Carducci, Giardini Savelli, dove c’era la sede il Circolo Goliardico: "…Qui una generazione di giovani ispirata alla libertà e alla ragione si preparò sorridendo agli impegni della vita". Quell’inaugurazione fu occasione di un bizzarro e festoso ‘sunset boulevard’, un viale del tramonto, per i ‘ragazzacci di ieri’ poi divenuti buoni professionisti che improvvisarono, come ai tempi delle loro beffe, una platea di autorità immaginarie: prelati, finti cardinali benedicenti, giunti in carrozza.

Fu il saluto a un’epoca passata, a una città diversa che aveva ancora voglia di sorridere (per chi vuole approfondire c’è un gustoso saggio su questo tema nel volume XII delle ‘Vite dei Cesenati’, scritto da Giancarlo Biasini e Franco Fabbri, co-protagonisti di quell’epoca in cui il cui il giornale satirico cesenate ‘Stracittadino’ metteva il batticuore ai benpensanti e ai bacchettoni).

Va precisato, è un nostro inciso, che goliardo non deriva tanto da Golia – il gigante biblico che fu messo ko dal pastorello Davie con una fiondata da fuori area – quanto da ‘gola’: uno dei sette vizi capitali, secondo la dottrina cattolica.

I preti erano dunque uno bersagli prediletti dai goliardi, ultimi eredi della tradizione della Romagna dei ‘mangiapreti’. Quella dei funerali laici, con tanto di banda e bandiere, il cui passaggio davanti alle chiese era un messaggio eloquente: ’questo morto non te lo cucchi, boja d’una prete’. Con efficaci controrepliche, come ricorda don Francesco Fuschini, che fu anche elzevirista del ‘il Resto del Carlino’. Di fronte al corteo ribaldo, il prete pregava: "Riposa in pace, caro il mio testone. Se con la stessa fede che avevi per la tua causa entravi in seminario, saresti diventato vescovo".

Qualcosa del genere capitò anche a Cesena, primi anni ’60. L’ultima sera di maggio, nottetempo, i goliardi tirarono su un muretto di mattoni davanti alla porta della chiesa di Madonna delle Rose con il cartello: ‘chiusura del mese mariano’. Stupore e sconcerto in città, ma anche risate sotto i baffi. Controreplica alla romagnola del parroco del tempo, Don Maldini (allora chi scrive era chierichetto): "Signore, perdonali e perdonami: ma contro i pataca non c’è speranza". Uno a uno, palla al centro. Provate a immaginare una simile vicenda beffarda oggi: denunce, querele, campagne pappagallesche sui social: ‘mi piace’, ‘non mi piace’, faccina che piange, faccina che ride… C’erano una volta buon senso e fantasia: sorridere non è mostrare i denti.