Torna l’epopea del ‘Pvlon matt’. Il poema eroicomico contadino che ha segnato gli studi sul dialetto

Una nuova edizione dell’opera ambientata a San Vittore di Cesena a cavallo tra Cinquecento e Seicento sarà presentata sabato all’Archivio di Stato. "Una testimonianza preziosa della letteratura popolare" .

Torna l’epopea del ‘Pvlon matt’. Il poema eroicomico contadino che ha segnato gli studi sul dialetto

Un ballo contadino medievale

Il contadino Paolone impazzito per amore (Pvlòn matt) si scrolla di dosso la polvere dei secoli (ben cinque…) e cerca nuove empatie per le sua pene. Alfiere della sua riscoperta l’Archivio di Stato di Cesena che sabato 28, alle 10,30 - con un’apertura straordinaria - insieme alla casa editrice La Mandragora, l’Istituto Friedrich Schurr e il patrocinio della Regione, presenta la seconda edizione del poema eroicomico dialettale che tanto ha contribuito agli studi sull’antico dialetto romagnolo. "Il poema Pvlon matt - spiega il direttore dell’Archivio Storico Gianluca Braschi - risale ai decenni tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ed è una testimonianza preziosa della letteratura popolare in dialetto, che combina l’ironia e la comicità con elementi epici e narrativi. Grazie alla nuova edizione, curata da Ferdinando Pelliciardi, che sarà presente sabato, questo classico del dialetto romagnolo torna a disposizione del pubblico in una versione arricchita e commentata, che permette di riscoprire le sue radici storiche e linguistiche". La presentazione sarà accompagnata da una mostra di documenti relativi a San Vittore di Cesena, luogo di ambientazione del poema. Ma che storia è quella che sembra rifare il verso, in chiave cafona, all’Ariosto furioso? L’eroe di questo poema contadino in rima, più unico che raro è, appunto, Pavlon (una gran bastianazzo a giudicare dal nome) che s’innamora della più bella del suo pievato: la Vittoria. L’amore, dopo un primo momento in cui Vittoria di prende gioco dell’innamorato con lezioso divertimento, sembra procedere come la dea Venere comanda, tra balli e amici che tengono bordone alla coppia, senonchè un rivale si profila all’orizzonte. Forse non è prestante come il nostro eroe ma è dotato di una qualità che non ha conosciuto nel tempo cali di interesse: è ricco. Ha terre al sole e ori. E qui s’inserisce il padre della bella Vittoria che fa e disfa finché la figlia non sceglie il ricco pretendente e Paolone Garavelli da San Vittore impazzisce. Come finisce la storia, Pvlon si consola? Non si sa, la vicenda resta tronca così com’è sconosciuto l’autore. Presso la nostra Biblioteca Malatestiana restano custoditi soltanto quattro dei dodici canti originali. Diversi gli studiosi che vi si sono applicati oltre a Pellicciardi, ci sono anche versioni che lo ripropongono in dialetto moderno, non facile da leggersi, ma certo non così complesso come quello del ‘500 e non manca una versione in italiano firmata da Mauro Mazzotti. E chissà se poi l’ignoto autore fosse davvero di estrazione contadina. Forse era un cantastorie che riproponeva lo spirito del trebbo attraverso il racconto del contadino ammattito per amore e ne ha fatto inconsapevolmente uno scrigno della cultura contadina della Romagna.

Elide Giordani