SIMONE ARMINIO
Cronaca

Strada Tiberina: l’alternativa al Puleto? Esiste, ma è chiusa

Abbiamo percorso in bici i 4,2 chilometri di vecchio tracciato che unisce Canili a Valsavignone. Ecco in che condizioni si trova

Viaggio lungo la provinciale 137 chiusa da anni a causa di una frana

Viaggio lungo la provinciale 137 chiusa da anni a causa di una frana

Cesena, 14 novembre 2021 - Sembra quasi di vederle, le famiglie della domenica, squarciare la pace dei boschi tosco-romagnoli con il rombo delle loro auto di un’altra epoca, diretti verso le Terme di Bagno sulla Strada Statale 3 bis. O magari vicerversa, diretti a Sud, fino a Narni per imboccare la più celebre Statale 3 Flaminia, in direzione Roma. Le statali erano autostrade per gli italiani del Ventennio, che avevano visto letteralmente raddoppiare il parco macchine, dalle 144mila del 1928 alle quasi 300mila del ’38, quando la Ss 3 Tiberina bis Canili di Verghereto-Valsavignone di Pieve Santo Stefano fu inaugurata. Oggi che di auto in Italia ne circolano circa 49 milioni, quella striscia d’asfalto è ancora lì, ma è solitaria, desolata e senza nome. La percorriamo in bici una mattina di novembre, lasciata l’auto allo svincolo di Canili dell’E45, un metro dopo il cartello che indica la fine della provincia di Forlì (non è ancora contemplata Cesena) e l’inizio di quella di Arezzo. La percorriamo per rispondere alla domanda che da inizio 2019 – nei lunghi mesi di chiusura prima totale e poi parziale del viadotto Puleto – i ventimila pendolari, lavoratori e residenti che quotidianamente attraversano l’Italia sull’E45 si pongono con insistenza: esiste un’alternativa per passare dalla Romagna alla Toscana? Eccola, sì, esiste. Oggi si chiama Sp 137 Canili-Valsavignone, è di competenza del comune di Pieve S. Stefano e permette di passare da qui a là in soli 4,2 chilometri, se non fosse che da più di vent’anni un cartello di divieto ne sbarra la strada. Impercorribile, è il verdetto, per via dei troppi malanni. I più gravi sono la mancata manutenzione e una successione di frane, che ne hanno minato il percorso. Ma quanto sono insanabili? In sella alla bici oltrepassiamo il divieto. L’unico rumore che ci accompagna, oltre a quello dei nostri pedali, è il muggito del Puleto in lontananza. Di fronte, invece, il Monte nero, riserva naturale dell’Alta valle del Tevere, è un inno alla bellezza della natura. Nascosto dal foliage, l’asfalto della vecchia statale è screpolato ma ancora percorribile. Anche se pure i cartelli stradali, o quel che ne resta, rossi e gialli di ruggine, hanno preso il colore dell’autunno. Però a terra non ci sono crateri, nessun gradino o interruzione. Solo un percorso in falsopiano che degrada verso la Toscana in mezzo al paradiso. A destra c’è la montagna, tenuta a bada nei punti più scoscesi dalle reti di contenimento, anche se qui e là la barriera ha ceduto e qualche masso è finito sulla carreggiata. A sinistra lo strapiombo è allontanato da graziosissimi muretti rossi di mattoni, un retaggio del passato che oggi, conveniamo, non sarebbe molto utile alla causa della sicurezza. La corsia è spesso rosicchiata e delimitata da un guardrail piantato alla buona su dei vecchi pneumatici. Però si va , senza particolari intoppi. Lo dimostra anche un’auto che procede placida in direzione contraria, verso la Romagna. In due stanno tornando dal bosco. Ci si saluta, come usa in montagna. "Per di qua in auto si va?", chiediamo. "Meglio di no, c’è la frana". La frana è l’unico vero intoppo. Arriva oltrepassata la metà del tragitto, quando il bosco si apre a sinistra sulla vallata e sul Puleto che si staglia all’orizzonte nella sua imponenza. In quel punto la strada ha ceduto per metà. Andrebbe rifatto il muro di contenimento, e riempito il vuoto che si è creato. L’altra corsia invece è intatta. La oltrepassiamo e proseguiamo ancora per un chilometro. Giusto il tempo di seguire con lo sguardo il serpentone dell’E45 che si avvicina sempre di più, fino al punto in cui, letteralmente, le due strade si toccano. Alle nostre spalle il cartello che, sul fronte toscano, indica che da quel punto in poi non si può più andare. Lo superiamo per tornare alla strada battuta. Pochi tornanti e una manciata di case fino allo svincolo E45 di Valsavignone. Quattro chilometri e duecento metri, è la lunghezza del tratto chiuso alle auto. Per riportarlo in uso abbiamo contato una manciata di opere che, a confronto con le impalcature enormi che avvolgono i piloni giganteschi del Puleto sullo sfondo, sembrano briciole. Due anni fa, il 13 febbraio, 2019, con l’Italia ancora divisa in due, qualcuno a Roma esultò: "i soldi ci sono! Ce li ha l’Anas, non li può usare per perché, beffa, quella strada ora è comunale, e dirottarci delle somme sarebbe danno erariale. Ma qualcun altro trovò la soluzione: "Consideriamo l’ex Tiberina come strada di cantiere per i lavori sul viadotto, e ripariamola". Però il Puleto è stato riaperto, e la sua variante no. Per farlo, dicono ora, basta riconvertire il tracciato da comunale a viabilità alternativa dell’E45. E a quel punto rimetterla in sesto. Ci vogliono 5 milioni di euro, ha calcolato Confartigianato, ma col Pnrr vuoi che non spuntino fuori? Dunque stavolta è fatta. Sembra questione di giorni. Più o meno da vent’anni.