REDAZIONE CESENA

Quella squallida abitudine di scrivere sui muri

L’utilizzo dei muri a mo’ di bacheche personali su cui lasciare messaggi, moniti, disegni e altre forme d’espressione più o meno articolate è un’abitudine vecchia come il mondo. Il problema è quello che sottolinea lei: tutto passa in fretta, ma certe scritte rimangono lì per anni, in certi casi per decenni, soprattutto quando il punto scelto è un cavalcavia o qualche altro angolo non soggetto a pulizia. Deturpare un bene pubblico, come un manufatto stradale, o privato, come il muro di un palazzo, è un reato forse non capitale ma di certo odioso. Ci sono le eccezioni, certo. Io dalla sua lista, per dire, salvo le scritte vergate col gesso (che va via alla prima pioggia) per il passaggio del Giro d’Italia. Ce ne sono certe dedicate a Marco Pantani che sono in grado ogni anno di emozionarmi. Decora in certi casi anche un murales: quando è un’opera d’arte (ce ne sono molti) e quando precedentemente si è chiesto il permesso a chi di dovere per realizzarlo. Fa tenerezza, infine, in certi rari casi, la scritta dell’innamorato sul muro di fronte a casa dell’innamorata o viceversa. A patto che sia facilmente cancellabile, non gigantesca e possibilmente rispettosa della grammatica, oltre che del decoro. Faremmo invece sempre a meno, invece, di proclami politici, offese, turpiloqui. Come se non avessimo i mezzi per dire ciò che pensiamo, oggi. Magari avendo il coraggio di assumercene paternità e conseguenze.