PAOLO MORELLI
Cronaca

Olidata sventa una tentata frode

In maggio era tutto pronto per l’ingresso nel capitale di Antonio Di Murro, ma i soldi non si sono visti

Il presidente Riccardo Tassi

Cesena, 18 novembre 2020 - La crisi economica dovuta alla pandemia ha aperto nuovi scenari favorevoli ad aziende che operano in alcuni settori (per esempio l’agroalimentare dedicato ai consumi familiari), ma ha accentuato i problemi per le aziende che già erano in difficoltà. E’ il caso della cesenate Olidata, società per azioni del settore informatico con un glorioso passato (è stata anche sponsor della nazionale di calcio): il presidente Riccardo Tassi, che nel 2014 rilevò la quota di maggioranza dal colosso Acer, continua a darsi da fare per riuscire a coagulare attorno al nucleo centrale di Olidata un gruppo di aziende che operano nei vari settori dell’informatica, dall’Iot (internet applicata agli oggetti di uso quotidiano) ai big data.

Dopo l’acquisizione di Italdata, spa con sede ad Avellino che ha una cinquantina di dipendenti, nel gennaio scorso il gruppo Nextar (sede legale a Torino, sedi operative a Roma e Milano con circa 165 dipendenti), è entrato in Olidata conferendo l’intero capitale sociale, valutato 1,5 milioni, come aumento di capitale, e l’amministratore delegato Emanuele Musco è diventato direttore generale. In maggio, in piena pandemia, è andata in fumo un’operazione tentata dall’imprendirtore laziale Antonio Di Murro: si era impegnato a versare 1,7 milioni come aumento di capitale, ma dopo traccheggiamenti e rinvii non ha versato un euro, e ora è sottoposto a indagini sia dalla Guardia di finanza che dalla Consob. Olidata, infatti, è una società per azioni che fa parte della Borsa di Milano, pur essendo sospesa dalla quotazione dal 2016.

A questo proposito il presidente Riccardo Tassi, che è riuscito nell’impresa di riportare Olidata dalla liquidazione alla gestione ordinaria, ribadisce: "Il nostro obiettivo non è solo il rilancio dell’azienda, ma il ritorno alla quotazione in borsa per ridare valore alle azioni dei 13.000 soci che sono rimasti col cerino in mano nel 2016, quando la quotazione fu sospesa con l’azione che valeva 18 centesimi. Vorremmo ripartire da lì".