ANDREA ALESSANDRINI
Cronaca

Nuovi pubblici esercizi, ma 70 negozi sfitti

Viaggio in centro storico: solo in corso Sozzi tutti i locali occupati. Nel salotto dello shopping soffrono via Zeffirino Re e piazza del Popolo

Nuovi pubblici esercizi, ma 70 negozi sfitti

di Andrea Alessandrini

Su 515 locali commerciali nel centro storico di Forlì, 110 sono sfitti, ha reso noto la Confcommercio territoriale che ha condotto un’indagine strada per strada, conteggiando il numero degli ex negozi ora spenti. Non per recitare il de profundis, bensì per chiedere azioni di sostegno ai negozi di vicinato.

E a Cesena – dove negli ultimi decenni sono stati edificati due centri commerciali con gallerie di negozi a ridosso del centro storico – quanti sono i locali vuoti dentro il nostro familiare spazio a forma di scorpione racchiuso entro la cinta muraria (malandata) trecentesca? A fronte di circa 400 attività, ammontano grosso modo a un numero tra settanta e ottanta, stando alle più recenti stime, ma la conformazione dei due centri è molto diversa: quello di Forlì è più esteso e con maggiori aree commercialmente depresse.

Avviando dalla Barriera una vasca come era abitudine di molti cesenati – messo alle spalle corso Cavour esterno alle mura ma col rango dell’arteria centrale con qualche vetrina spenta (una manciata nella galleria Cavour) – nel battuto corso Sozzi si appura con ebrezza l’en plein di negozi e pubblici esercizi aperti. Ha alzato la saracinesca di recente anche un negozio di calze tirolesi e pantofole artigianali con fibre naturali. Sarà tuttavia unica questa immacolatezza rispetto alla chiusure. Svoltato da piazza Giovanni Paolo II in corso Mazzini – salotto dello shopping - i locali sfitti sono un paio: uno da molto tempo all’angolo con la corte commerciale Piero della Francesca (dove un altro ampio locale è vuoto) e il secondo nel porticato nell’ex locale della ’Tazza d’Oro’ spostatasi in galleria Almerici. Dove persiste qualche buco cronico; un negozio sfitto anche in galleria Urtoller, un paio in via Fantaguzzi e una manciata in via Zeffirino Re, dove ha aperto una galleria d’arte ma restano troppi i locali spenti per una strada di così alto lignaggio.

Nella piazza del Popolo sfavillante di pubblici esercizi tre negozi sfitti nel porticato di fronte al palazzo comunale e un altro nel caseggiato che confina con la piazza Amendola, dove c’è un locale vuoto. Tengono bene piazzetta e via Albizzi e via Righi. Le cose precipitano nelle vie Pescheria e Quattordici dove le vetrine spente sono oltre la decina, pur la prima adiacente al palazzo comunale. Alcuni negozi sono stati trasformati in garage, sigh.

Risalendo verso piazza Aguselli, ai cui negozi il parcheggio gio a, si nota solo un’attività sfittamentre nelle vie in vicinanza, che portano fuori dal centro, le maglie dei locali sfitti si infittiscono. Rimettendosi in marcia verso il ’cuore’, ecco via Strinati quasi al completo. Affianca il Duomo la parte di corso Mazzini con altri due buchi: uno lasciato dal negozi di oggetti per la casa Kasanova (l’omologo ha chiuso anche a Forlì) e poco oltre c’è un’altra vetrina con il cartello ’Affittasi’.

In piazza della Libertà, ancora inabitato il locale che ospitava la pasticceria Lanzoni, che chiuse sei anni fa durante l’odissea dei cantieri ed ha riaperto in via Cavalcavia. Altri spazi vuoti in corso Garibaldi fino al teatro, almeno quattro, e altrettanti in corso Ubaldo Comandini, verso Porta Santi. Dall’altra parte del centro, locali sfitti anche in via Cesare Battisti, e nelle strade attorno. Cartelli con ’vendesi’ e ’affittasi’ non sono rari in vie centrali ma meno terziarizzate, come Montalti, Uberti, la già citata Pescheria e Fra’ Michelino.

Graziano Gozi, segretario di Confesercenti cesenate, guarda il bicchiere mezzo pieno. "Accanto alle chiusure che permangono, si vede un po’ più di movimento da parte di chi apre nuove attività – afferma –. Crescono sempre più gli esercizi pubblici: anche dove c’erano boutique aprono ristoranti. La loro proliferazione deve far riflettere. Che fare? Lavorare tutti insieme per far comprendere che i negozi di vicinato sono un bene per la città ed è doveroso educare o rieducare al consumo agli acquisti presso i negozi al dettaglio".

"Il centro storico va reso più fruibile - rimarca dal canto suo il presidente di Confcommercio Augusto Patrignani – e più decoro con migliorie anche nei porticati e nelle gallerie. Vanno incentivati con risorse mirate ed eccezionali i negozi al dettaglio al servizio della città e create politiche della mobilità e della sosta che rendano sostenibile tenere aperto i negozi. La differenza tra averli funzionanti o chiusi l’abbiamo sperimentata durante il lockdown. Se vogliamo un modello diverso da quella città spettrale non dico che bisogna fare ponti d’oro ai negozi di prossimità, ma di certo sostenerli in altro modo sì: per invertire la rotta, occorre uno sforzo eccezionale e bisogna prima di tutto volerlo fare".