Cesena, 12 luglio 2018 - Il Dipartimento di Psicologia di Cesena che fa capo all’Università di Bologna ha messo a punto una nuova tecnica che, in modo non invasivo, permette di alterare le connessioni tra diverse aree cerebrali e migliorare così il funzionamento del nostro sistema visivo.
Lo studio, pubblicato su Current Biology, è stato coordinato da Emilio Chiappini, Juha Silvanto, Paul B. Hibbard, Alessio Avenanti e Vincenzo Romei e descrive un protocollo di neurostimolazione in grado di modificare con una precisione senza precedenti le connessioni neurali responsabili dell’apprendimento di compiti specifici, lasciando inalterati i collegamenti limitrofi.
«Utilizzando questa nuova tecnica – racconta Alessio Avenanti, uno dei coordinatori dello studio – siamo stati in grado di ricalibrare per alcuni minuti il sistema visivo dei soggetti coinvolti, rendendoli capaci di percepire meglio una specifica direzione del movimento: abbiamo aumentato l’efficienza delle loro connessioni cerebrali agendo con la precisione di un bisturi, ma in modo non invasivo».
«Questo paradigma – spiega Vincenzo Romei- lo avevamo già utilizzato in un esperimento precedente, riuscendo a dimostrare che è possibile migliorare la capacità di percezione visiva di stimoli in movimento, ma con effetti generalizzati a movimenti in qualsiasi direzione. Lo scopo ora era arrivare a migliorare la percezione di movimenti in una direzione specifica».
Il nuovo studio ha coinvolto 16 persone, tutte sottoposte a tre diversi esperimenti tramite Stimolazione associativa appaiata cortico-corticale. In particolare, la stimolazione è stata applicata su due aree del sistema visivo, una legata alla percezione del movimento e una dedicata più in generale alla percezione di stimoli.
«La stimolazione – conferma Emilio Chiappini – ha permesso di rafforzare le connessioni preattivate, migliorando così la capacità dei soggetti di percepire movimenti in una singola direzione».
L’esperimento ha dimostrato che è possibile rafforzare la comunicazione tra sottogruppi di neuroni presenti in diverse aree del cervello e aumentare la capacità funzionale connessa a quelle aree. Una novità che può avere ricadute importanti in campo clinico e riabilitativo «L’applicazione di questa nuova tecnica – spiega infatti Vincenzo Romei – può essere allargata a contesti e funzioni diversi. In particolare, abbiamo intenzione di lavorare su casi legati all’invecchiamento e su alcuni disturbi neurologici».