
Secondo i dati forniti dalla Regione l’inattività al lavoro (tra 15 e 24 anni) nel 2021 toccava il 23,2% in Emilia-Romagna. Miglioramento nel 2022 con un 17,3%. Nel 2023 si segnala un 17%, mentre nel 2024 un 12,3%.
Chiudere definitivamente i libri di scuola e interrompere una volta per tutte gli studi (senza nemmeno prendere il diploma di scuola superiore) è un salto nel buio che incide pesantemente sul dato della disoccupazione, o meglio, della ‘inattività giovanile’. Il paracadute della regione Emilia-Romagna alla dispersione scolastica sembra però funzionare, visto che, secondo i dati forniti dalla Regione (fonte Istat rilevazione sulle forze lavoro) la disoccupazione giovanile è in calo. I dati presi in esame riguardano la fascia di età tra i 15 e i 24 anni. In Emilia-Romagna nel 2021 la disoccupazione giovanile era pari al 23,2%, nel 2022 il dato è in netto miglioramento con un 17,3%, nel 2023 la disoccupazione tocca il 17% e nel 2024 (pensate un po’) la disoccupazione giovanile è pari al 12,3%. Più rosea la situazione in provincia. I dati della provincia di Forlì-Cesena, forniti dall’ufficio della Regione su fonte Istat, raccontano di una disoccupazione giovanile nel 2021 pari al 21,4%, nel 2022 si registra un netto incremento con una disoccupazione dei giovani pari al 12,9%, nel 2023 il dato provinciale si attesta sul 17,9%, mentre per il 2024 abbiamo dati solo parziali pari per ora al 5,4%.
"Il tema della disoccupazione giovanile è un tema del lavoro povero – commenta l’assessora alle politiche giovanili e delle differenze, università e ricerca Giorgia Macrelli –. Le condizioni dei giovani nel mondo lavorativo non sono mai state le migliori, in Italia come a Cesena. Il lavoro povero, quello che spesso è offerto ai giovani, ha poche tutele, ed è spesso sottopagato. È importante tutelare il lavoro in tutte le sue forme. Noi cerchiamo di dare delle prospettive ai giovani per fare in modo che riescano a mettere da parte la grande paura che hanno del futuro".
"Dobbiamo incentivare e aprire il più possibile le possibilità di formazione – continua l’assessora – per costruire un futuro lavorativo assieme ai ragazzi e alle imprese. Non tutti faranno i medici e non tutti faranno i muratori. Abbiamo tanti progetti per i giovani, anche se il rischio di dispersione scolastica è elevato: tanti i ragazzini che entrano dopo a lezione o non vanno per niente a scuola. La formazione è il punto fondamentale su cui insistere perché i giovani possano costruire il loro futuro. È vero che una formazione universitaria porta a essere più appetibile per un datore di lavoro. Ma noi dobbiamo essere bravi a intercettare le vocazioni dei giovani e costruire con loro i percorsi ‘ad hoc’ per ognuno. Dobbiamo proporre alternative fatte su misura, con un percorso che parte da un ascolto, per cercare di intercettare (prima che si disperdano) le vocazioni dei tanti, troppi, adolescenti che non si trovano a proprio agio in un percorso d’istruzione di cinque anni (le scuole superiori)".