Luca Liguori torna in riviera per presentare il suo libro ’Caro Luca, ti scrivo…’, scritto assieme a Luca Goldoni, edito da Minerva con la prefazione di Agnese Pini, direttrice del QN, l’introduzione di Roberto Mugavero ed un ricordo di Ferruccio De Bortoli.
L’appuntamento è domenica alle 18 al Grand Hotel Cesenatico in piazza Andrea Costa, per un incontro aperto al pubblico e a partecipazione libera. Il libro scritto da Liguori assieme al collega Luca Goldoni scomparso lo scorso anno, suggella un’amicizia durata 66 anni, come ci racconta lo stesso autore: "Io e Luca ci siamo conosciuti nel 1957 a Cesena, al premio cinematografico "La Caveja d’oro". Io ero un giovane cronista della Rai ed alla cena di Gala all’Hotel Casali, accanto a me c’era un collega biondo e con gli occhi azzurri che conquistava tutte le ragazze. Scoprimmo di avere lo stesso nome, di essere nati entrambi il 23 febbraio, di amare il mare e di avere tante cose in comune. Da allora iniziammo a sentirci al telefono e a raccontarci la nostra vita da inviato. In estate lui andava a Milano Marittima, mentre io sono sempre venuto a Cesenatico, quando ci incontravamo mangiavamo piadina accompagnata dal Pagadebit".
Liguori spiega come è nato il libro scritto dai due Luca: "Tre anni fa proposi a Goldoni di scrivere per divertirci e raccontare le nostre esperienze. Lui accettò, ma alla condizione di non utilizzare le moderne tecnologie, così decidemmo di scriverci delle lettere a mano. Io scrissi la prima da Milano, spedendola a Bologna dove abitava Goldoni, che si meravigliò di averla ricevuta dopo un solo giorno; iniziammo così a firmarci Luca 1 lui perchè aveva sei anni in più, e Luca 2 io".
Fra le storie raccontate da Luca Liguori, è curiosa quella della sua intervista a Winston Churchill: "Andai a trovarlo in Costa Azzurra, ma quando arrivai il suo cane mi assalì ed io mi trovai in difficoltà; intervenne il maggiordomo e quando riuscii finalmente ad entrare nella villa, Churchill si scusò e mi disse che il suo cane era stupido, perchè lui gli aveva detto che non doveva aggredire tutti gli italiani in quanto la guerra era già finita". Interessante anche uno degli ultimi dialoghi con Goldoni: "Ci confidavamo e parlavamo di tutto, ma con leggerezza, così un giorno gli dissi che ero diventato talmente cieco da non distinguere una donna da un Tir. Goldoni mi guardò e disse "io un amico così non lo voglio" e ci facemmo un’altra risata".