
L’applauso di Bernacci: "Cesena, prenditi tutto"
Alto, fisico esile, ciuffo sbarazzino in testa ed un fiuto del gol da tramandare. Marco Bernacci, classe 1983, oggi allena il Gambettola in Eccellenza, ma nei primi tre lustri del nuovo millennio è stato un attaccante notevole ma soprattutto un giocatore che per il Cesena avrebbe fatto di tutto. Cesenate purosangue, arrivò in prima squadra in C dopo tutta la trafila del settore giovanile, toccando quasi il cielo con un dito. Poi dopo l’esordio in prima squadra nella stagione 2001-2002, resta cinque stagioni con Cavalluccio segnando 26 gol in 115 partite prima di essere ceduto in comproprietà al Mantova, proprio la squadra avversaria dei bianconeri domenica nella prima gara della Supercoppa di Serie C. E con la maglia della formazione lombarda Bernacci segnò una doppietta proprio con la sua squadra del cuore.
Bernacci, che ne dice della stagione disputata dal Cesena? "Penso che da parte di giocatori, staff tecnico e società sia emersa una mentalità incredibile. Hanno eguagliato il record di punti, hanno macinato molti record, hanno centrato la promozione: serve aggiungere altro? Che il Cesena fosse una grandissima squadra lo si sapeva, ma un conto è esserlo e un altro è dimostrarlo partita dopo partita su tutti i campi".
Chi è stato l’uomo chiave?
"Difficile, se non impossibile, citarne solo uno. Direi i due grandi veterani Prestia e De Rose per la mentalità di cui parlavo prima che, ovviamente insieme al mister Toscano, hanno portato in squadra e dentro lo spogliatoio. Poi citerei Shpendi e Kargbo, due giocatori che in C non ha nessuno e Saber".
I giovani?
"Tutti bravissimi".
Ragazzi che un po’ come lei hanno fatto la trafila delle giovanili e poi hanno esordito al Manuzzi sotto la Mare...
"Il mio sogno era non solo quello di giocare con la maglia del Cesena, ma quello di giocare in serie A con il bianconero addosso. Purtroppo il sogno non si è realizzato, perché ho giocato in C, in B e la A l’ho solo sfiorata visto che perdemmo la semifinale playoff contro il Torino".
Allo stadio ci sono stati tanti bambini e giovani.
"E questo è un altro merito che va alla società, vale a dire quello di aver riannodato il feeling fra i giovani e gli atleti delle giovanili con la prima squadra. La coreografia delle maglie dei ragazzi nella partita contro il Pescara è stata bellissima. Perché giocare con la maglia del Cesena deve essere il sogno di ogni e ragazzo delle giovanili".
Come vede, lei ex di entrambe le squadre anche se a Mantova ha giocato solo una stagione, la sfida di domenica?
"Credo che il Cesena abbia qualcosa in più. Non ha ancora staccato la spinta anche dopo la matematica certezza della promozione, al contrario invece di quello che ha fatto il Mantova. E qui torniamo al discorso della mentalità. Il Cesena dopo la B si è posto come obiettivo il record di punti, e ora quello della Supercoppa".
Lei in maglia Mantova al Cesena ha pure segnato.
"Premetto che fosse dipeso solo da me io il Cesena non l’avrei mai lasciato ma ci sono state delle ragioni economiche per il club che hanno portato a questa soluzione, io sono un professionista e il mio mestiere era quello di fare gol, anche se l’ultima squadra contro cui avrei voluto segnare era il ‘mio’ Cesena".
Cosa ricorda di quella partita?
"Che segnai una doppietta e che vincevamo 4-1 poi il Cesena accorciò e segnò due reti di cui una con Salvetti su rigore. Il Cesena non navigava in buone acque, mentre noi avevamo costruito una squadra per andare in A che l’anno prima era stata sconfitta nella finale playoff".
Lei però contro il Cesena gioco anche con altre maglie...
"Con l’Ascoli segnai sia in casa, sia a Cesena. Come dicevo, il mio mestiere era quello di fare gol contro chiunque".
Beh, ha avuto una bella carriera...
"Ho sbagliato tanto e mi sono buttato via parecchio, ma il passato è passato e non voglio avere rimpianti".
Oggi fa l’allenatore. Era meglio la vita del giocatore?
"Giocare era più divertente, però allenare mi piace molto, mi diverte e lo faccio con grande passione. Solo solo al terzo anno in panchina, quindi sono un novellino, ma sono molto coinvolto, anche se sono l’opposto rispetto a quando giocavo e dai miei uomini pretendo tanto anche se con tutti sono limpido e chiaro. Parlo ai miei ragazzi degli sbagli che ho commesso e cerco di indirizzarli su un cammino che li possa portare a diventare professionisti. Per farcela servono serietà, impegno, convinzione, scarifici e lavoro".