La terra ha sete. Dopo l’alluvione si devono fare i conti con la siccità e il caldo anomalo che probabilmente continuerà nel mese di ottobre. Una stagione da dimenticare per le campagne. Per gli agricoltori, dopo i danni causati dall’alluvione, è seguita una lunga siccità che prosegue tuttora e che rende complicata la semina di nuove colture. Il mese di settembre è stato uno dei più caldi degli ultimi anni, con temperature di oltre 2 gradi sopra la media. Ma questo caldo fuori stagione cosa comporta per le coltivazioni e che danni può portare all’agricoltura?
"A breve si seminerà il grano - dice Carlo Carli, presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena - ma con la siccità si sono induriti tutti i terreni. La mancanza di pioggia condiziona la lavorazione dei campi che risulta difficile. La fotografia che si presenta nella nostra zona, ma non solo, è quella di terreni aridi e poco fertili, tanto che il 70% della superficie agricola risulta difficile da lavorare". Ai problemi di lavorazione del terreno arido e secco, si va ad aggiungere il problema dei costi per lavorarli. "La semina del grano, prevista normalmente per metà ottobre - continua Carli - rischia di slittare avanti nel tempo e di diventare più onerosa". E questo è un primo, serio, problema.
Alla difficoltà di lavorazione dei campi e alle conseguenze per la semina e i raccolti, si vanno ad aggiungere le conseguenze per le colture. "Le piante sono predisposte per un clima diverso, quindi sono sotto stress in questo periodo - spiega Federico Facciani, vicepresidente Coldiretti Forlì-Cesena - gli agricoltori che da poco hanno piantato gli ulivi sono preoccupati, perché se non pioverà le piante rischieranno di seccarsi. Questo caldo è l’ennesima prova del cambiamento climatico, l’ennesima sfida per l’agricoltura, non mi sarei mai aspettato di parlare di siccità dopo l’alluvione".
Un altro problema, non da poco, riguarda la maturazione diquei frutti che sono ancora da raccogliere, come mele, mele cotogne e kiwi. "Oltre al problema legato alla semina - dice Danilo Misirocchi, presidente di Cia Romagna - c’è il problema del ciclo naturale delle piante. Il calore di questo periodo innesca dei meccanismi naturali di difesa delle piante, che paradossalmente rallentano la maturazione. A causa della mancanza di escursione termica (le notti non sono ancora abbastanza fredde) le mele rosse faticano a raggiungere la loro colorazione tipica. Non è un problema per il sapore che rimane invariato, ma se le mele rischiano di rimanere meno colorate, sono inevitabilmente meno attraenti per il consumatore".
E il problema del caldo record sembra sempre più diffuso negli ultimi anni."Si conferma anche quest’anno - evidenzia Massimiliano Bernabini, presidente di Coldiretti Forlì-Cesena - la tendenza al surriscaldamento in Italia, dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2022, il 2018, il 2015, 2014, 2019 e 2020. Una tendenza che ha favorito il moltiplicarsi di attacchi di animali, insetti e organismi portati nelle campagne e nelle città dalla globalizzazione degli scambi e dai cambiamenti climatici. Basti pensare alle recenti invasioni di cavallette avvenute nei nostri territori, durante tutta l’estate, che per il secondo anno consecutivo, hanno distrutto i raccolti di intere aziende agricole. I cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che richiede un impegno delle istituzioni per accompagnare innovazione dell’agricoltura 4.0 con droni, robot e satelliti, fino alla nuova genetica green no Ogm alla quale la Commissione Europea, anche grazie al pressing di Coldiretti, sta finalmente aprendo le porte.