Evidentemente per Graziano Gozi la parte più facile è essere il direttore di Confesercenti Ravenna Cesena. Niente affatto perché il ruolo al timone dell’associazione di categoria sia semplice, quanto piuttosto perché l’alternativa richiede doti da uomo d’acciaio. In effetti è solo così che in 13 anni si riescono a portare a termine 50 maratone (comprese una parte di sfide davvero estreme) l’ultima delle quali è stata quella di Napoli, affrontata domenica.
Gozi, è inossidabile.
"In effetti avrei appena acquisito il diritto di entrare a far parte del club dei ‘supermaratoneti’, una ‘coccarda’ alla quale però non sono interessato. Non corro per i traguardi, corro per me stesso. Perché da quando lo faccio sono rinato".
Quando ha iniziato?
"Nel 2011, a 43 anni. Cercavo un modo di sconfiggere la sedentarietà e l’approccio con la palestra non mi aveva convinto. Dunque provai la corsa".
E la prima maratona?
"Sempre nel 2011, sul lago di Iseo. Non ho partecipato a nulla di intermedio, ho puntato subito alle grandi distanze. Mi sono preparato in autonomia, senza tabelle, solo con la voglia di mettermi alla prova. Devo riconoscere che non è stato facile , anche perché i primi mesi, da neofita, sono certamente complicati. Si fa fatica, il corpo protesta, serve restare lì con la testa". Qual è la sua ricetta?
"Tre allenamenti nel corso della settimana di un’ora l’uno, e uno lungo, di almeno 20 chilometri, nel weekend".
Giornata tipo?
"Sveglia alle 5.30, alle 6 sono in strada, corro fino alle 7, poi doccia, colazione e alle 8 sono in ufficio. Di ottimo umore. Forse quelle sono le giornate migliori".
Torniamo al lago di Iseo.
"Chiusi in 4 ore e 45, un tempo alto, ma ero già innamorato. Appena il tempo di tagliare il traguardo e pensavo alla sfida successiva".
Ne sono venute molte altre. A quali è più legato?
"Parto da quella sulle sabbie del deserto del Sahara, in compagnia del popolo Sahrawi. Fu un’occasione per raccontare il loro mondo e la lor vita tremenda, senza uno Stato, in campi tendati, con appena qualche costruzione in muratura, nei quali manca tutto. Trascorremmo i giorni della corsa vivendo insieme a loro. Un’esperienza che mi ha segnato profondamente".
Il suo luogo ideale?
"La pace e il silenzio dei boschi. Adoro il trail. E con questo devo per forza raccontare della Val d’Orcia: 103 chilometri con 3.300 metri di dislivello positivo. Impiegai 17 ore, sei delle quali sotto la pioggia forte. A ogni passo i piedi sprofondavano nel fango. Una fatica disumana. Esattamente come la soddisfazione al traguardo. Il punto è proprio qui. Mentre corri liberi la mente, pensi in un modo che prima nemmeno conoscevi e quando in fondo vedi il traguardo l’unica cosa che pensi è che se sei riuscito a fare quello, allora puoi davvero fare tutto. Nella vita, prima che nello sport".
E ora?
"Da qualche anno ho aggiunto le uscite con la mia bici da Gravel. Con un gruppo di amici ci concediamo un viaggio all’anno. Quello più pazzesco fu l’itinerario Cesena Roma da giovedì a sabato, concluso domenica con la maratona. In ogni caso non mi fermo. Cinquanta maratone sono tante. Ma cento lo sono ancora di più. Il mese prossimo ci si vede a Ravenna".