
Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale, istituita solo dal 2004 e celebrata il 10 febbraio di ogni anno dal 2005: si ricordano i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata.
Questi argomenti, però, vengono spesso trattati in modo non profondo ed esaustivo o addirittura non vengono nemmeno menzionati. Nel mio libro di storia è presente solo un piccolo trafiletto… Per prima cosa, bisogna ricordare che cosa è una foiba: è un pozzo verticale naturale tipico della regione carsica, quindi presenti nel Friuli-Venezia Giulia, in Slovenia ed in Croazia. Le vicende, qui di seguito riportate, furono ambientate nella Venezia Giulia, che comprendeva le ex province di Fiume, Gorizia, Pola e Trieste. Tali città sono da sempre state abitate da italiani, slavi ed austriaci, quindi quest’area è sempre stata, lo è e sarà terra di confine.
Per capire pienamente i massacri delle foibe bisogna tornare indietro di diversi decenni. Infatti dal 1918 al 1920 l’Italia riuscì a conquistare la Venezia Giulia provocando i primi esodi della popolazione non italiana e della conseguente “italianizzazione” delle persone che decisero di rimanere ad abitare quelle terre.
Uno dei momenti di repressione della popolazione non italiana avvenne a Trieste il 13 luglio ‘20 con l’incendio da parte dei fascisti del “Narodni dom”, la casa della cultura slovena.
Il 10 giugno ‘40 Benito Mussolini dichiarò l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale contro gli Alleati (come il Regno Unito) ed il 27 settembre ‘40 venne stipulato il Patto tripartito (Germania, Italia e Giappone) detto anche “Asse Roma-Berlino-Tokyo”, ribattezzato in Italia “Roberto”, quale acronimo delle tre importanti capitali.
Il 6 aprile ‘41 la Jugoslavia venne invasa dall’Asse e l’Italia ne occupò qualche territorio. In Slovenia gli italiani istituirono la “provincia di Lubiana” e la popolazione cercò di reagire, ma la rivolta venne soppressa con il sangue. Nel febbraio del ’42 Lubiana venne circondata dal filo spinato ed i loro uomini furono mandati nei campi di concentramento, come il campo di Arbe, nell’attuale Croazia.
Molti sopravvissuti si unirono alla resistenza jugoslava comunista comandata da Josip Broz Tito e nel ‘42 si creò l’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre ‘43 gli italiani si spaccarono in due gruppi: alcuni continuarono a combattere insieme ai nazisti ed altri si unirono ai partigiani. La resistenza jugoslava cominciò a conquistare terreni prima appartenuti ai nazifascisti poi iniziarono i primi arresti e le violenze sugli italiani.
Il rancore nei confronti degli italiani era ormai maturo e quindi iniziarono gli eccidi verso la popolazione civile italiana oltre a quella fascista.
Nel ‘45 Tito ed il suo esercito arrivarono nella Venezia Giulia ed occuparono i territori rimanenti dell’Istria, Gorizia e Trieste.
Arrivati a Trieste il primo maggio ‘45, i partigiani jugoslavi avevano solo un obiettivo: eliminare qualunque forza armata non affiliata a quella di Tito, i militari della Repubblica di Salò (creata nel settembre ‘43), la Guardia di Finanza e la Guardia Civica di Trieste fino alle resistenze italiane non comuniste.
Dopo le forze armate cominciarono ad essere uccisi anche i civili, internati nei campi di prigionia (come il campo di concentramento di Borovnica) e gettati vivi o morti all’interno delle foibe. Le violenze diminuirono nel ‘47 con il Trattato di Parigi, che sancì la cessione da parte dell’Italia alla Jugoslavia, dell’Istria, delle terre di Zara, del Carso triestino e goriziano e dell’alta valle del fiume Isonzo.
L’altra parte dell’Istria e Trieste vennero divise in due zone ed amministrate dalla comunità internazionale.
Proprio in quel periodo avvenne l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia verso l’Italia, per paura di sparire per mano dei partigiani jugoslavi. Queste persone vennero accolte negativamente, perché in molti li consideravano fascisti, anche quando non c’entravano nulla con il fascismo.Il numero dei morti nelle foibe non è quantificabile, per l’alto numero di questi “inghiottitoi” presenti sul territorio (ad esempio se ne contano circa 1.700 solo in Istria) e per l’impossibilità del recupero dei corpi, mentre gli esuli sono stimati in 300mila unità.
A tal proposito si vuole ricordare Il “Magazzino 18” a Trieste, edificio situato nel porto vecchio della città, quale testimonianza delle proprietà requisite alle famiglie esuli. Infatti vi sono conservati parecchi oggetti appartenuti agli stessi. La storia è sempre un elemento di apprendimento, di cultura, di comprensione di come si sono evoluti gli eventi storici e come siamo, di conseguenza, arrivati ai nostri giorni. Perché queste vicende vengono raccontate sommariamente a noi studenti? Perché la foiba di Basovizza a Trieste, simbolo a memoria delle persone morte nelle foibe, è stata proclamata monumento nazionale soltanto nel 1992? Perché non si raccontano che sono esistiti dei campi di detenzioneconcentramento in Italia?
Matteo Cevoli 3C