ELIDE GIORDANI
Cronaca

Ingegneria naturalistica: "Piante contro le frane"

Il professor Federico Preti dell’Università di Firenze illustra la tecnica "Utilizzare la componente vegetale viva come materiale da costruzione".

Ingegneria naturalistica: "Piante contro le frane"

Il professor Federico Preti dell’Università di Firenze illustra la tecnica "Utilizzare la componente vegetale viva come materiale da costruzione".

C’è un sistema, per gestire le frane che squassano le nostre colline ad ogni evento climatico, che promette "efficaci investimenti di rinaturalizzazione del territorio con una spesa inferiore di 10 volte rispetto a quella tradizionale". Va sotto al nome di Ingegneria Naturalistica. "Sono stato dalle vostre parti anche a spalare fango in occasione delle alluvioni del maggio scorso - dice il presidente nazionale della relativa associazione, il professor Federico Preti, ordinario di Idraulica Agraria e Sistemazioni Idraulico Forestali presso l’Università di Firenze - e conosco bene le vostre colline martoriate dalle frane. La visione che sta alla base del nostro impegno può rappresentare un valido aiuto".

Professor Preti, per cominciare, che cos’è l’Ingegneria Naturalistica?

"E’ una disciplina tecnico-scientifica, attiva in Italia da oltre 30 anni, che studia le modalità di utilizzo della componente vegetale viva come materiale da costruzione. Ossia piante o parti di esse, in abbinamento con inerti non cementizi quali il pietrame, la terra, il legname, l’acciaio, in unione con stuoie in fibre vegetali o sintetiche, principalmente per interventi di sistemazione idrogeologica legati al consolidamento del terreno. Può essere attuata sia in caso di frane che di esondazione dei corsi d’acqua".

Ma come si può intervenire nel nostro territorio ora che siamo alla fase dei provvedimenti riparativi, non tanto costruttivi?

"Si possono applicare le tecniche dell’Ingegneria Naturalistica in caso di frane di profondità piccole o medie, dell’entità di 2 o 3 metri. Tanto più che in molte situazioni presenti nelle vostre colline non sono praticabili soluzioni di tipo convenzionale, anche molto costose. Gli interventi nell’ottica dell’Ingegneria Naturalistica non risolvono solo un problema di consolidamento del terreno ma hanno anche finalità di tipo ecologico, paesaggistico e socio economico". Qualche esempio?

"Si utilizza legname inerte ma con l’impiego di piante che, inserite nell’opera, possono propagarsi e diventare piante vive. Questo è il nodo del sistema. Quel legname, che può degradare nel tempo, avrà fornito le condizioni per il ritorno della vegetazione. Una successione paranaturale in cui la vegetazione potrà essere diversa da quella iniziale che, però, evolve su un sito che diventa stabile. Nulla di questo sarebbe possibile con il calcestruzzo, che potrebbe fratturarsi in caso di nuovi movimenti. In passato si impiegavano solo materiali naturali ma oggi mancano le competenze poiché, nel frattempo, è avanzata la visione ingegneristica".

E la ricaduta socio economica come si articolerebbe?

"Attraverso costi sostenibili e possibilità di occupazione per giovani o disoccupati. La tecnica richiede, infatti, maggiore manodopera e meno materiali di quelli tradizionali, in più i cantieri sono anche occasioni di didattica per cui s’imparano le tecniche che si possano replicare con facilità. I materiali, inoltre, possono essere reperiti nelle stesse zone dove ci sono state le frane".

Ci sono altre azioni previste? "Sì, evitare di tagliare troppo e male la vegetazione delle aree lungo gli argini dei fiumi. Velocizzano il passaggio delle acque, ma il problema si scarica poi più in basso, aumentando i rischi a valle".