
Imballaggi, il timore delle norme: "Spariranno le monoporzioni. Un duro colpo per l’ortofrutta"
"Un duro colpo all’efficienza e alla capacita` di penetrazione in Europa della nostra filiera ortofrutticola, una fonte di costi per la ristorazione collettiva e un ostacolo all’accesso sicuro ed economico a consumi alimentari di massa". È con queste parole che il cesenate Giuseppe Montaguti – numero uno di Infia Srl, azienda con sede a Panighina (Fc), specializzata nel packaging per l’ortofrutta, nonché consigliere Pro-food, gruppo merceologico, interno a Federazione Gomma-plastica (Confindustria), che riunisce 14 aziende produttrici di contenitori destinati al confezionamento di alimenti e bevande – liquida il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, appena approvato dal Parlamento Ue.
Le nuove norme, su cui il Consiglio europeo si pronunzierà per il via libera definitivo in autunno, fissano alcuni obiettivi di riduzione degli imballaggi (del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040) e impongono ai Paesi membri di ridurre i rifiuti da imballaggio in plastica. Ma ciò che ha fatto infuriare gli operatori della filiera dell’ortofrutta – romagnoli e non solo - è stata, in particolare, la messa al bando degli imballaggi per frutta e verdura non trasformate, per quantita` inferiori a 1,5 kg: l’esempio che viene in mente più facilmente è quello di un frutto di stagione molto amato, le fragole. Per la delicatezza dei frutti, facilmente deteriorabili se toccati con le mani, è pressoché impossibile commercializzarle al di fuori degli appositi contenitori.
"Vietare imballaggi in plastica per confezioni di peso inferiore a 1,5 kg nel nostro settore vuol dire colpire intere categorie merceologiche, dalle insalate alle fragole, dai pomodori ai funghi, dai mirtilli alle more, e in generale vuol dire colpire la stragrande maggioranza di ortaggi e frutta – commenta Matteo Brunelli, imprenditore cesenate alla guida del gruppo Brunelli e vicepresidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini -. Nel varare il regolamento, l’Europa non ha preso in considerazione le peculiarità dell’ortofrutta ossia: è una grave mancanza non aver recepito le necessità del nostro settore, che vive di imballaggi in plastica e non ha attualmente a disposizione alternative con le stesse prestazioni, se non per un numero limitato di referenze. Sul fronte del pack plastico ci sono state importanti innovazioni: dai film ‘anti-fog’ che prevengono la condensa e prolungano la shelf life, ai film compostabili e riciclabili. È una misura senza senso, una misura miope: i consumatori, peraltro, richiedono ortofrutta confezionata, anche per una percezione di maggior sicurezza e protezione del prodotto. L’auspicio è che, dopo le elezioni europee, ci possa essere la possibilità di rivedere la questione" Le nuove misure sugli imballaggi sono state deliberate dall’UNione Europea per rendere gli imballaggi più sostenibili e ridurne i rifiuti nell’unione europea. Per limitare gli sprechi è stata stabilita una proporzione massima di spazio vuoto del 50% che si applicherà agli imballaggi multipli e a quelli per il trasporto e per il commercio elettronico.
Al coro di ‘no’ si unisce anche Davide Vernocchi, presidente del colosso Apo Conerpo, cui sono associati oltre 6.000 produttori ortofrutticoli in tutto il Paese, di cui diverse centinaia nel Cesenate. "I prodotti attualmente venduti in pack di plastica monouso sono innumerevoli – dichiara -. Pensiamo a fragole, ciliegie, pesche e albicocche, agrumi e patate (queste ultime, in particolare, utilizzano le classiche ‘retine’): secondo la norma, tali prodotti dovrebbero essere venduti come libero servizio (sfusi, ndr). Immaginate quanti di questi prodotti, a fine giornata, andrebbero buttati perché rovinati dalle manipolazioni non sempre adeguate da parte dei consumatori: uno spreco intollerabile, non certo in linea con gli obiettivi di sostenibilità europei. In alternativa, potrebbero essere venduti in confezioni chiuse e non trasparenti, che impedirebbero al consumatore di valutare il prodotto in fase di acquisto: una scelta che si è già dimostrata fallimentare in passato. Siamo di fronte a un paradosso: l’Europa sceglie di tornare indietro in un periodo storico già segnato da una grave contrazione dei consumi ortofrutticoli, trascinati in basso dal carovita".