
Bruno Sanguinetti nel 1948: il figlio del prorpietario dell’Arrigoni era nato a Genova. nel 1909. Morì a Milano ad appena 41 anni per. un infarto
di Gabriele Papi
"Ma allora sei proprio un capitalista": così, con sorridente ironia, un giovane Bruno Sanguinetti, (studente universitario a Parigi) si rivolse al babbo Giorgio Sanguinetti che aveva accompagnato a Cesena in visita al grande stabilimento Arrigoni di cui il padre era proprietario. Siamo ai primi anni trenta del secolo scorso. Quello cesenate era, insieme a quello originario di Trieste, il maggiore dei sei stabilimenti conservieri i dell’Arrigoni. Giorgio Sanguinetti, mentalità aperta e spregiudicata, desiderava che suo figlio gli succedesse: per questo lo avviò a studi universitari in Europa, prima a Liegi poi a Parigi. Bruno si laureò poi in fisica applicata, ma il suo cuore e la sua mente lo portarono all’impegno politico e culturale: fu amico a Trieste del poeta Umberto Saba, a Firenze di Eugenio Montale e del pittore Ottone Rosai. Partecipò attivamente, con gravi rischi, alla ‘elìte’ della Resistenza tra Firenze e Roma. Infatti era schedato come ‘sovversivo e comunista’. Spilucchiamo queste note dal bel libro ‘La storia di Bruno’, con fior di testimonianze, scritto dalla figlia Paola Sanguinetti nel 1997. L’autrice si fece anche fotografare - non a caso - sotto la targa stradale di Piazza Sanguinetti, davanti alla stazione dov’ era lo stabilimento più importante della Cesena del ‘900.
Dopo la Liberazione di Cesena, il Comune democratica cambiò subito la denominazione di strade dedicate a personaggi fascisti: ma il nome Sanguinetti restò in virtù dell’impegno resistenziale di Bruno, anche se suo padre Giorgio era stato inevitabilmente colluso al fascismo. Infatti nel 1929/30 fu lo stesso Mussolini, insieme al fratello Arnaldo allora presidente della nostra Provincia, ad agevolare la discesa dell’Arrigoni da Trieste, sede madre, a Cesena. Nel 1919 Giorgio Sanguinetti aveva fondato la ‘Prodotti Alimentari G. Arrigoni &C ’, trasformando in società per azioni una piccola ditta di pesce in scatola e dadi da brodo, attivata insieme al fondatore Gaspare Arrigoni che poi lo nominò suo erede. L’Arrigoni ampliò presto il suo campo d’azione. Con la venuta a Cesena ottenne la commessa di prodotti conserviere per l’esercito italiano, cui poi si aggiunse quello tedesco. Proprio i prodotti dell’Arrigoni (in questo caso quelli di Sesto Fiorentino) furono l’oggetto di una drammatica trattativa quando Bruno, nella prima estate del 1944,finì per una spiata tra le grinfie della feroce Banda Carità in Firenze, protetta dalle SS. Durante l’interrogatorio Bruno capì subito ciò che voleva il ‘capataz’ Mario Carità in cambio della liberazione: soldi e un vagone di prodotti Arrigoni. Li ottenne: ma gran parte di quello scatolame era di giacenza, a volte avariato. Tuttavia i nazifascisti italiani non avevano il tempo di verificare: aveva troppa fretta di scappare prima dell’arrivo degli Alleati. Anche nello stabilimento di Sesto Fiorentino, come in quello di Cesena, gli operai riuscirono a mettere in salvo buona parte dei macchinari. Bruno Sanguinetti, nel primo dopoguerra, restò consigliere delegato (non proprietario) dello stabilimento di Cesena. Già malato, mori a Milano per un infarto, nel 1950.Aveva 41 anni. A Trieste, sua città natia, i funerali di Bruno videro un’imponente partecipazione operaia.